a cura di Roberto De Luca

“Il riscatto sociale attraverso la bellezza.
Questo è LAB ZEN 2, una scuola – laboratorio per donne ed uomini inoccupati dei quartieri popolari di Palermo per la creazione di accessori di moda e borse in tessuto con il logo LAB.ZEN 2, simbolo di un’eleganza speciale e densa di significato.”

 

Ho ripreso questa frase di Maruzza Battaglia come incipit a questa storia di utilizzo sociale di un bene confiscato alla mafia. Utilizzo reso sempre difficoltoso dalle esigenze economiche che occorre soddisfare giorno per giorno per vivere.

Ho conosciuto Maruzza per caso ai primi di settembre di quest’anno in una pizzeria di Piazza Magione a Palermo. Sul finire di un’afosa estate palermitana. Lei era seduta ad un tavolo vicino al mio. Raggiunse il nostro tavolo per un breve saluto e presto mi colpì la sua storia che l’amica comune mi spiegò meglio poco dopo. Ma soprattutto mi colpì quel suo sguardo vivo e quei suoi occhi che si illuminavano parlando della sua creatura: il laboratorio di sartoria LAB.ZEN 2.

La mia curiosità mi spinse a contattarla durante una mia breve permanenza a Palermo e così il 22 novembre sono andato a trovarla nel laboratorio di sartoria localizzato in un bene confiscato alla mafia assegnato dal Comune di Palermo alla sua Associazione. E’ stato un incontro gradevole e schietto e così da quell’ora passata insieme, dal fiume di energia che ho visto sgorgare dalle espressioni e soprattutto dai modi di fare di Maruzza, è nata questa mia breve testimonianza.

Maria Giovanna (Maruzza) Battaglia è da più di dieci anni impegnata per lo sviluppo di quartieri periferici e problematici di Palermo. E’ stata imprenditrice palermitana di successo. Da più di dieci anni è impegnata mattina e sera (e notte) in questa avventura.
“Per trasmettere alle donne l’importanza del lavoro e dell’indipendenza e di favorirne l’inserimento sociale ed economico e facendo proprie le aspirazioni, i desideri, la voglia di cambiamento, la ribellione a un destino segnato di alcune donne dello ZEN, ho messo a disposizione del quartiere, una solida esperienza nel campo della moda, acquisita in molti anni di conduzione di negozi storici di abbigliamento e sartoria a Palermo” mi confessa raccontando la genesi dell’Associazione.
Fu così che prese corpo l’idea di creare un laboratorio di sartoria per le donne inoccupate e socialmente svantaggiate provenienti sia dal quartiere ZEN sia da altri quartieri periferici di Palermo. “Nel 2008 ho costituito, l’Associazione LAB.ZEN 2, con l’istituzione di una vera e propria scuola di cucito, di ideazione e disegno di modelli per il confezionamento, a macchina e/o a mano, di borse ed altri articoli e accessori di abbigliamento a marchio LAB.ZEN²” precisa con il cellulare che le squilla in mano.
Gradatamente il marchio LAB.ZEN² si è affermato, superando il pregiudizio e puntando sull’estrema qualità, nelle famiglie della “Palermo bene” che frequentavano tradizionalmente il suo negozio della elegante e centrale Via Ruggero Settimo. Mi confida con i suoi occhi vividi e brillanti: “La borsa LAB.ZEN² è bella in tutti i particolari e credo si distingua per la preziosità dei tessuti, per gli abbinamenti sempre originali di colori e materiali, per l’accuratezza dell’esecuzione che testimonia il valore della migliore tradizione italiana di artigianato sartoriale.” Non sono certo un esperto di borse ma dopo una rapida occhiata mi sembra che quei manufatti siano proprio belli. E in quel laboratorio, pieno di ragazzi provenienti dal Niger e dalla Guinea – Stanley, Salu, Mohamed, Blessing, Happy, Joan, Sabat cui va il mio più affettuoso saluto – che con entusiasmo le producono, quelle borse risultano ancora più preziose. Ancora più originali.
Maruzza mi racconta del primo successo delle sue borse targate LAB.ZEN². Vendute oltre che a Palermo, anche in molte città quali, Roma, Milano, Firenze, Torino, Venezia, le donne dello ZEN hanno provato l’orgoglio di vedere la loro borsa al braccio di Carolina di Monaco, di Rita Dalla Chiesa e di Letizia Moratti.
Anche la stampa presto si interessa del Laboratorio di Maruzza. Moltissimi i servizi giornalistici dedicati al marchio LAB.ZEN² che hanno messo in risalto come il laboratorio di sartoria abbia significato, afferma Maruzza, “riscatto sociale, appropriazione di un’identità, affermazione di legalità e si è saputo misurare con il mercato grazie alla capacità, tipicamente femminile, di unire la spinta ideale e la concretezza”.
Nel novembre 2015, Maruzza partecipa ad un bando indetto dal Comune di Palermo, per l’assegnazione di beni confiscati alla mafia, presentando un progetto articolato, individuando e scegliendo come possibile sede del laboratorio di sartoria, l’immobile di via Gerardo Astorino n.6 – 6/a ritenuto idoneo per la vicinanza al quartiere Z.E.N., dove risiedono le donne inoccupate che hanno già svolto un’esperienza formativa in Associazione. Il 10 agosto 2016 il locale di via Astorino è assegnato all’Associazione LAB.ZEN 2.
“Il locale, chiuso da sedici anni, era in pessime condizioni, avendo tra l’altro subito un allagamento e pertanto i lavori di restauro sono stati lunghi e minuziosi; sono durati parecchi mesi ed è stata investita una notevole cifra, circa 15mila euro” aggiunge ripercorrendo con la mente quei momenti.
Oggi è un bellissimo laboratorio, elegantemente arredato, diviso in due parti, da un lato la sartoria vera e propria e dall’altro una zona di rappresentanza. Le attrezzature del laboratorio sono di altissimo livello: ben sedici moderne macchine da cucire, una pressa per stirare, un ferro da stiro professionale con asse aspirante / riscaldante, un tavolo da lavoro professionale con sedie ergonomiche. Anche la zona rappresentanza è di stile, con divani, poltrone, una vetrina antica, una scrivania. L’impianto elettrico è stato particolarmente curato con faretti incassati al soffitto, molto eleganti.
In questi locali luminosi e confortevoli, Maruzza svolge anche attività di formazione rivolta alle fasce disagiate del territorio, uomini e donne non solo palermitani ma anche stranieri, offrendo uno spazio lavorativo che permetta il miglioramento della qualità di vita e l’inclusione sociale. Nel 2017, nella nuova sede, si è avviato il primo laboratorio formativo e sono stati realizzati “Corsi di Cucito” tenuti da docenti del settore sartoriale. La scuola-laboratorio, ha prodotto durante i suoi corsi trimestrali, accessori di abbigliamento, in particolare borse, promuovendo la vendita dei prodotti per sostenere le spese e potere quindi innescare un ciclo virtuoso di autofinanziamento, sostenuta comunque da altre forme quali la raccolta fondi da privati e imprese e il cinque per mille destinato dai contribuenti sostenitori della Associazione.
Ma evidentemente non basta.
“Ho insistito sull’impeccabilità della confezione perché è mia precisa convinzione che proprio attraverso la bellezza si possa uscire dai ghetti. Sennò si tratta di retorica o assistenzialismo e non di vera crescita che è quella che si riflette sull’intera città di Palermo.” mi confessa non senza emozione.
E poi ancora: “Ogni borsa è un “pezzo unico”, porta un nome di donna siciliana, Saridda, Nunziatella, Trinetta, Letteria, Oliva, Tindara, Liboria, Ninfa, Catena… ed anche di vocaboli siciliani, Rummuliusa, Murritusa, Chidda, Sanfasò, Virrina, Gigghiu, Ciaccula, Ciancianedda. Viene presentata con un cartoncino che racconta il progetto e la passione che sta dietro a questa creazione, divenuta negli anni oggetto di desiderio, per la bellezza e per il significato simbolico che rappresenta. La borsa è inoltre confezionata con carta ed eleganti nastri, per curare anche questo aspetto e per rimarcarne ancora di più la preziosità”.
Parla a ruota libera mentre risponde al telefono e cerca di entrare nel sito di UniLav della Regione Siciliana.
Mi accenna poi che negli anni l’Associazione LAB ZEN 2 è stata invitata a molte mostre e le borse sono state esposte e messe in vendita nei migliori negozi della città e d’Italia.
Ma oggi Maruzza sente che occorre risolvere il problema dei problemi. Il laboratorio ha fatalmente una produttività bassa. Non per scarsa volontà di coloro i quali svolgono il loro tirocinio nel laboratorio ma per il ricambio fisiologico degli stessi tirocinanti che costringe Maruzza a ricominciare ogni volta da capo con la formazione dei ragazzi che tramite il Comune di Palermo arrivano al suo laboratorio. Alla fine circa 10 borse al mese di produzione che, benché richieste dal mercato – ma lei mi confessa che la domanda sarebbe superiore – non riescono a coprire i costi mensili. Come far si quindi che il laboratorio raggiunga un punto di equilibrio economico-finanziario così da autofinanziarsi e superare la pur lodevole ma ovviamente limitata nel tempo generosità della sua promotrice?
Mentre Maruzza parla, la mia mente elabora già alcune prime idee. Certo magari una richiesta di contributo lì, una richiesta di contributo là. Ma anche ipotizzando un accoglimento di una richiesta, cosa succede quando finiscono i soldi? Come il gioco dell’oca si riparte dall’inizio. Occorre quindi qualcosa di diverso mi dico. Di strutturale. Mentre scrivo sono schietto non ho soluzioni precise. Solo alcune idee.
Advisora può certamente dare una mano come ha fatto con il fondo Amato Lamberti di Chiaiano (NA). Una rete di scopo? Vedremo. Felice di ricevere nel frattempo idee e aiuto dagli amici di Advisora.
Per salutare e ringraziare come merita Maruzza offro a tutti i lettori ed amici di Advisora questa storia. La seconda puntata verrà presto. Forse con meno emozioni e più razionalità. Più soluzioni. Per adesso godiamoci queste foto e la lettura della targhetta utilizzata per il confezionamento della borsa.

 

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Quando un bene confiscato

 

 

Quando un bene confiscato alla mafia serve scopi sociali
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