a cura Marcella Vulcano
Il ruolo degli enti locali nella gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati
È al via l’ottava edizione del corso di Alta formazione per Amministratori giudiziari di aziende e beni sequestrati e confiscati (Afag) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
L’inaugurazione è affidata alla tavola rotonda dal titolo: “Il ruolo degli enti locali nella gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati” che si svolgerà il 17 gennaio 2020 nella Cripta dell’Aula Magna – Largo Gemelli, 1 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il prestigioso corso, che ormai da anni risponde alla domanda delle istituzioni e dell’autorità giudiziaria di avvalersi di amministratori giudiziari preparati e capaci anche di prestazioni manageriali, è organizzato dal Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la politica criminale (Csgp) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con la Procura nazionale antimafia, il Tribunale di Milano, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc), la Banca d’Italia sede di Milano e con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
La tavola rotonda inaugurale sarà l’occasione per un interessante ed attuale dibattito tra autorevoli relatori coinvolti a vario titolo nelle diverse fasi del procedimento, attesa la necessità di una strategia condivisa nei processi di gestione, destinazione e valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie. Dopo l’introduzione di Gabrio Forti, Direttore dell’ASGP e Ordinario di Diritto penale e Criminologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, si confronteranno Federico Cafiero De Raho, Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Alessandra Dolci, Procuratore Aggiunto, Procura della Repubblica di Milano, Bruno Frattasi, Presidente dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, Fabio Roia, Presidente della Sezione Autonoma Misure di Prevenzione presso il Tribunale di Milano e Renato Saccone, Prefetto di Milano. I lavori saranno coordinati da Gianluca Varraso, Ordinario di Diritto processuale penale, Università Cattolica del Sacro Cuore.
I beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata hanno raggiunto negli ultimi anni una dimensione economica e finanziaria tale da rendere necessario un complesso di interventi per il loro recupero, valorizzazione e reinserimento nel circuito civile e sociale.
I beni confiscati rappresentano una risorsa importante dal punto di vista economico, in quanto consentono di rispondere ai bisogni di fasce svantaggiate, di fornire servizi e attività utili per i cittadini, rappresentano una opportunità di lavoro, generano economia sociale ma, più ancora, svolgono un ruolo fortemente simbolico, perché con la restituzione alla collettività di un bene sottratto alla criminalità si riparte, ribaltando la logica: dove c’erano l’illegalità, la violenza, la sopraffazione, nascono comunità, sviluppo, bellezza, riscatto morale. Si attesta così la vittoria della legalità e dello Stato sulle mafie.
Il riuso sociale dei beni deve rappresentare, quindi, un indicatore di comunità alternative alle pratiche e alla cultura del crimine organizzato. Un indicatore di quanto le istituzioni, gli enti locali, la società civile possano favorire la costruzione di “capitale sociale diffuso” che poggia sul tessuto associativo dell’economia civile, capace di alimentare fiducia e tendenza alla cooperazione, in netta contrapposizione al “capitale sociale mafioso” che poggia invece su cointeressenze, su relazioni esterne ai clan, sulla capacità delle mafie di stringere rapporti di collusione e complicità con sfere della società civile e delle istituzioni. L’abilità delle mafie nelle dinamiche relazionali, infatti, costituisce una risorsa fondamentale per la riproduzione della mafiosità e genera il consenso che le sorregge.
Da un efficace riuso sociale dei beni, invece, può nascere un fenomeno di imprenditoria alternativa capace di intaccare i meccanismi che sono alla base della genesi e della riproduzione del consenso sociale mafioso.
E’ chiaro che le criticità nella gestione, destinazione e riutilizzo dei beni confiscati sono innumerevoli. Spesso i beni sono percepiti dagli enti locali come un onere piuttosto che come una opportunità. A volte i beni non vengono valorizzati ma rimangono a lungo inutilizzati per varie ragioni o sono assegnati a soggetti che non sono in grado di sfruttarne le potenzialità. Altre volte ancora, la valorizzazione dei beni confiscati si esaurisce nel trasferimento di risorse finanziarie pubbliche agli enti locali finalizzate alla ristrutturazione del bene.
Questo approccio ha portato in secondo piano i contenuti, le idee e i soggetti locali. Ed invece è proprio dalla mobilitazione delle risorse territoriali che nascono casi di buone pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati. Le esperienze che hanno generato esempi di economia virtuosa nascono proprio dal coinvolgimento della comunità che è capace di generare idee, anche imprenditoriali, e di strutturare percorsi di sviluppo endogeno e di progettazione partecipata.
Tanti sono gli interventi ed i progetti in corso previsti nello specifico ambito del recupero e della valorizzazione dei beni confiscati, ma ciò che spesso si registra è l’eccessiva frammentarietà e mancanza di regia nel definire le direttrici di fondo dell’azione pubblica.
Si è resa perciò necessaria una decisa azione di coordinamento, indirizzo e supporto per le Amministrazioni statali, gli enti locali e tutti quei soggetti che intervengono a diverso titolo nella gestione dei beni confiscati, a partire dall’ANBSC e dalla magistratura.
Una strategia nazionale di intervento delle molteplici iniziative pubbliche finalizzate alla valorizzazione e reinserimento nell’alveo dell’economia civile dei beni confiscati.
In questo solco si inserisce la Strategia nazionale per la valorizzazione dei beni confiscati attraverso le politiche di coesione, prevista dalla Legge di Bilancio 2017, una forma di intervento per lo sviluppo territoriale che, facendo leva su una originaria situazione di svantaggio territoriale, trova un significativo sostegno anche nelle politiche di coesione, nel comune obiettivo di restituire alla collettività tali beni attraverso il loro concreto riutilizzo e valorizzazione.
In tal senso il ruolo degli enti locali, che nella maggior parte dei casi divengono proprietari dei beni confiscati, è un ruolo delicatissimo e centrale.
Per una destinazione efficace dei beni confiscati occorre una programmazione che, partendo da percorsi trasparenti e partecipati di valorizzazione e andando oltre il criterio geografico, tenga conto di una serie di variabili quali la domanda da parte delle realtà associative, le capacità operative e progettuali di tali soggetti, i fabbisogni dei potenziali beneficiari diretti, la presenza di filiere produttive ed economiche di riferimento, le politiche territoriali di welfare, etc.
Obiettivo della programmazione dovrebbe essere quello di allocare i beni confiscati nella maniera più efficiente destinandoli ai territori e ai soggetti che si dimostrino maggiormente capaci di valorizzarli. A tal fine è auspicabile che gli enti locali si dotino di un efficace ed esaustivo regolamento di assegnazione dei beni confiscati che tenga in debita considerazione le prescrizioni del codice antimafia, soprattutto alla luce delle novità introdotte con la legge 161/2017 di riforma del d.lgs. 159/2011.
In particolare, in relazione al riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati, il codice antimafia riformato ha introdotto l’istituto della assegnazione provvisoria, quale forma anticipata di destinazione e riuso sociale di beni, che avviene in un momento antecedente alla definitività della confisca e durante l’amministrazione giudiziaria dell’Agenzia. La ratio della norma è da rinvenirsi nella duplice esigenza, da un lato, di evitare alcune note forme di degrado dei beni durante la procedura del sequestro e della confisca a danno del loro valore economico e, dall’altro, di garantire continuità e coerenza alle scelte effettuate durante il sequestro e la gestione dei beni da parte dell’amministratore giudiziario e del giudice delegato alla procedura.
L’art. 110, co.2 lett. b) del d.lgs. 159/2011 (come modificato dalla l.161/2017), introduce, tra i compiti della ANBSC, quello di ausilio dell’autorità giudiziaria nel corso del procedimento di prevenzione, ausilio finalizzato a rendere possibile, appunto, un’assegnazione provvisoria dei beni immobili e delle aziende per fini istituzionali o sociali agli enti, alle associazioni, alle cooperative di cui all’articolo 48, comma 3, lasciando al giudice delegato l’individuazione, nel caso concreto, delle modalità più idonee.
L’ANBSC con le Linee guida per l’amministrazione finalizzata alla destinazione degli immobili sequestrati e confiscati pubblicate il 2 ottobre 2019, si è fatta Owner del processo di assegnazione provvisoria prevedendo che qualora il giudice dovesse ritenere percorribile l’assegnazione provvisoria dei cespiti sequestrati o confiscati durante la fase di ausilio, “l’ANBSC, su richiesta della stessa A.G., avvierà le verifiche per l’individuazione dei soggetti interessati a detta assegnazione anche avviando a latere iniziative che affrontino gli aspetti di futura destinazione patrimoniale dei beni e di loro definitiva fuoriuscita dall’ambito gestorio, necessariamente temporaneo, dell’ANBSC. Le predette verifiche saranno condotte dall’ANBSC per il tramite del Nucleo di supporto presso la Prefettura nel luogo dove è sito l’immobile i cui esiti saranno tempestivamente portati a conoscenza dell’A.G. per i provvedimenti di competenza di quest’ultima”.
A supporto della chiara volontà del legislatore di potenziare il sistema di gestione e destinazione dei beni confiscati, ispirato alla tutela dell’interesse pubblico ovvero dell’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, la legge 161/2017 ha introdotto, all’art. 111 c. 1 lett. d), un nuovo organo della Anbsc, il “Comitato Consultivo di Indirizzo”, ovvero “laboratorio propulsivo per il concreto perseguimento delle finalità istituzionali di destinazione sociale dei beni sequestrati e confiscati”, la cui finalità è in via principale quella di far perseguire e quindi garantire concretamente la destinazione sociale dei beni sequestrati e confiscati.
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