a cura di Marcella Vulcano
L’assoggettabilità o meno delle società unipersonali alle disposizioni del D.Lgs. 231/2001 – recante norme in materia di responsabilità amministrativa degli enti collettivi per i reati commessi dai loro organi e dai loro dipendenti – è da sempre al centro di un vivace dibattito.
Da un lato, la dottrina è aperta alla esclusione dell’assoggettabilità delle società uni personali ad una disciplina che mira, appunto, a punire la “colpa di organizzazione” dell’ente, dall’altro lato, la giurisprudenza di legittimità sembra continuare a sposare la tesi opposta.
Una svolta sembra essere stata segnata dalla sentenza 16 luglio 2020, n. 971, con la quale il Presidente dell’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, dott. Aurelio Barazzetta, ha escluso la responsabilità prevista dal D.Lgs. 231/nel caso di società unipersonale priva di un autonomo centro di interessi.
In tali casi, infatti, l’applicazione della normativa 231 pregiudicherebbe “la ratio di fondo della normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche, la quale immagina contegni penalmente devianti tenuti da persone fisiche nell’interesse di strutture organizzative di un certo rilievo di complessità quale centro autonomi di imputazioni di rapporti giuridici distinto da chi ha materialmente operato”.
Come è stato osservato da autorevole dottrina, affinché l’esercizio dell’impresa possa dar luogo alla responsabilità per l’illecito amministrativo dipendente da reato è necessario un “quid pluris qualificante”, deve ricorrere, cioè, “un ente collettivo, ‘soggetto-gruppo’, aggregato organizzato per il perseguimento di un risultato comune, quale autonomo centro di interessi giuridici, altro dalla persona fisica, titolare di un proprio interesse distinto e ulteriore rispetto a quello delle persone che lo compongono, a beneficio del quale il reato-presupposto può essere commesso”.
Ne consegue che, laddove non esiste un’organizzazione dell’ente, come nelle società unipersonali, non può configurarsi la colpa della società ma soltanto, eventualmente, la condotta della persona fisica che ha commesso il reato presupposto.
Scarica il contributo di Rossana Lugli