A cura della Redazione
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO, decreto di archiviazione del 09.11.2022 depositato il 11.11.2022
Il Tribunale di Milano ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura della Repubblica in merito ad un procedimento avviato nei confronti di una ditta di trasporti a cui era stato contestato il reato di dichiarazione fraudolenta connesso alla intermediazione illecita di manodopera (art. 2 d.lgs. n. 74/2000 e d.lgs. n. 278/2003).
La società nei propri scritti difensivi negava, in via principale, la fittizietà degli appalti di manodopera così escludendo la configurabilità del reato presupposto di cui agli artt. 5 lett. a), 6 lett. a) e 25- quinquiesdecies d.lgs. n. 231/2001 ed in via subordinata con riferimento alla colpa di organizzazione riteneva che le procedure implementate dalla società nel 2013 e successivamente aggiornate fossero idonee a fronteggiare il rischio concretizzatosi.
Infine, la difesa poneva l’attenzione da un lato sulle condotte risarcitorie e riparative tenute ex post facto dalla società ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 231/2001, consistite nell’integrale versamento all’Agenzia delle Entrate, mediante ravvedimento operoso, dell’imposta evasa, con interessi e sanzioni, per la somma complessiva pari ad €. 37.608,561, nell’aggiornamento del modello, con specifico riferimento ai presidi per impedire la commissione di reati fiscali e al monitoraggio degli adempimenti Iva da parte dei fornitori, e nel corposo progetto di insourcing dei lavoratori che tramite i fornitori svolgono servizi di gestione dei magazzini e altre attività connesse. Dall’altro lato, sulla necessità, anche alla luce della costante giurisprudenza delle Corti europee in materia di ne bis in idem nei sistemi caratterizzati da doppio binario sanzionatorio, di garantire una risposta unitaria rispetto all’idem factum contestato alla società sia in sede amministrativa-tributaria che nel procedimento ex d.lgs. n. 231/2001, anche al fine di evitare rilevanti danni reputazionali.
Il Tribunale di Milano pur non condividendo le argomentazioni riferite ai primi due motivi indicati dalla difesa ritiene meritevole di approfondimento la questione sollevata con riferimento al tema del ne bis in idem.
Osserva il Tribunale come la Corte costituzionale con la sentenza n. 149/2022 ha affermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non vieta l’inizio o la prosecuzione di un procedimento penale nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter della l. 22 aprile 1941 n. 633, che, in relazione al medesimo fatto, sia stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174-bis della medesima legge. Con ciò riportando l’attenzione su un tema oggetto di acceso dibattito in dottrina e giurisprudenza ossia il divieto di bis in idem così come elaborato dalle Corti europee.
Con riferimento all’idem factum viene rilevato come le condotte di frode fiscale per cui si procede ex d.lgs. n. 231/2001 sono esattamente le stesse contestate dall’Agenzia delle Entrate nel processo verbale di contestazione. Da questo punto di vista il fatto posto a fondamento della sanzione tributaria e quello a base della sanzione 231/2001 sono identici: dichiarazione Iva fraudolenta (artt. 1, commi 2 e 3, e 5, commi 4 e 4-bis, d.lgs. n. 471/1997) per l’illecito amministrativo fiscale; dichiarazione Iva fraudolenta (art. 2 d.lgs. n. 74/2000, richiamato dall’art. 25-quinquesdecies d.lgs. n. 231/2001) per l’illecito penale.
Inoltre, secondo il Tribunale di Milano le sanzioni tributarie applicate dalla Agenzia delle Entrate devono ritenersi “sostanzialmente penali” alla luce dei criteri Engel (Corte Edu, Grande Camera, sentenza 8 giugno 1976, Engel e altri c. Paesi Bassi. In questa sentenza, la Corte stabilisce tre criteri, attraverso i quali poter determinare quali misure hanno natura sostanzialmente penale e, come tali, fanno discendere in capo alle parti le garanzie connesse).
Da ultimo il Tribunale pone l’attenzione su un ulteriore aspetto che riguarda la “stretta connessione temporale e materiale” tra il procedimento penale ed il procedimento amministrativo. Il legislatore, nell’introdurre con il d.l. n. 124/2019 tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa da reato degli enti i reati fiscali, non ha considerato la possibilità di introdurre un meccanismo compensatorio che consenta di tener conto, nel procedimento svolto per ultimo, della sanzione già irrogata e divenuta definitiva nell’ambito del primo. Tale lacuna rischia di produrre tanto più effetti irragionevoli, se si considera che le sanzioni previste dal decreto 231 sono, ancorché sostanzialmente penali, formalmente amministrative al pari di quelle previste dal d.lgs. n. 471/1997. Il cumulo delle sanzioni pecuniarie rischierebbe, in altre parole, di costituire un eccesso punitivo ed eccessivamente gravoso anche, nel caso di specie, alla luce dell’ammontare della sanzione già irrogata dall’Agenzia delle Entrate e corrisposta dalla società pari ad €. 10.899,40. La prosecuzione del procedimento secondo il Tribunale porterebbe all’applicazione di una pena “sproporzionata, considerata l’assenza nel sistema 231/01 di una norma che imponga esplicitamente di tener conto in sede di commisurazione di sanzioni amministrative già irrogate”.
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