A cura della Redazione
Una indagine effettuata da ANAC tra i Responsabili della Prevenzione della Corruzione (RPCT) ha evidenziato le criticità nell’attuare le misure di trasparenza e anticorruzione all’interno della Pubblica Amministrazione italiana sia con riferimento alle grandi e medie amministrazioni che alle piccole.
I punti critici rilevati sono la difficoltà nell’effettuare la rotazione del personale a causa del numero ridotto di dipendenti in organico e delle resistenze ai cambiamenti; la carenza di sensibilità verso il conflitto di interessi; la mancanza dei controlli necessari all’applicazione del divieto di pantouflage; i problemi con l’informatizzazione (dai questionari esaminati emerge scarsa disponibilità di software adeguati; mancanza di profili idonei e limitata propensione del personale alla gestione informatizzata dei processi; costi eccessivi); gli ostacoli a garantire l’aggiornamento dei dati sulla trasparenza.
Il Responsabile anticorruzione segnala sempre di più una scarsa vicinanza al tema; infatti, i dipendenti si sentono distaccati e poco sensibili alle problematiche legate a questi fenomeni e ci sono difficoltà nell’effettiva attuazione dei piani di prevenzione. Secondo l’opinione di ANAC l’assenza di una diffusione della cultura della legalità all’interno degli enti ed una non profonda conoscenza della disciplina e delle sue finalità porta ad una scarsa sensibilità della struttura verso la materia dell’anticorruzione.
Tra le misure di prevenzione della corruzione, la rotazione del personale è una di quelle dove i responsabili RPCT incontrano più difficoltà, mentre in poche situazioni ci sono fenomeni di pantouflage o di conflitti d’interesse.
Anche per attuare gli obblighi di trasparenza ci sono diversi punti critici, infatti emergono problemi nella raccolta delle informazioni sui titolari di altri incarichi dovuti per lo più alla scarsa collaborazione dei soggetti interessati.
Per quanto riguarda la pubblicazione dei dati dei consulenti e dei collaboratori, agli RPCT risulta complesso acquisire i curricula in formato europeo soprattutto nel mondo accademico dove viene utilizzato un cv che riassume le pubblicazioni e i progetti di ricerca mentre la necessità di fornire un cv in formato europeo è vissuta da molti come vessatoria. Inoltre, gli studiosi provenienti da paesi extra UE utilizzano format previsti nei loro paesi e non è certo possibile costringerli a utilizzare un formato diverso.
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