A cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 2212/2023 del 02.03.2023

I liberi professionisti non possono essere destinatari di interdittiva o informativa antimafia (la disciplina si applica in maniera tassativa alle categorie previste dalla normativa, senza possibilità di analogie)

Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2212/2023 ha respinto il ricorso che sosteneva applicabile ad un libero professionista il regime che scatta per infiltrazione mafiosa nell’ente locale affermando che quest’ultimo non può essere colpito da interdittiva antimafia anche se sono intercorsi rapporti professionali con un Comune sciolto per mafia, in quanto la disciplina dell’esclusione si applica strettamente all’ambito delle imprese e non può applicarsi ad un appartenente a una professione intellettuale: la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società non può essere destinataria di una informativa antimafia di tipo interdittivo.

Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato riguardava il ricorso di un architetto, colpito da interdittiva non come imprenditore, bensì quale persona fisica, libero professionista, nell’esercizio della sua attività di architetto, in relazione a un incarico conferitogli da un Comune per una prestazione di natura propriamente professionale. In primo grado il TAR aveva accolto il ricorso. Il Ministero aveva poi proposto appello, ritenendo non condivisibile tale assunto adducendo che “la soluzione interpretativa adottata dal TAR Calabria non pare condivisibile, non tenendo nella dovuta considerazione la peculiarità costituita dalla previsione dell’art. 100, d. lgs. n. 159/2011 per i comuni oggetto di scioglimento per infiltrazione mafiosa, il cui disposto va combinato con quanto previsto dagli articoli 83 e 91 del citato d. lgs. n. 159/2011”. In particolare, la tesi della Pubblica Amministrazione appellante è nel senso che “la disciplina delle esclusioni – soggettive – dall’ambito applicativo dell’istituto dell’informazione antimafia debba essere coordinata con la disciplina dell’acquisizione, da parte dell’ente locale che sia stato sottoposto alla procedura di scioglimento ex art. 143 del d. lgs. n. 267 del 2000, di detta informazione prima della stipula di qualsiasi atto negoziale: prevedendo, per l’appunto, l’art. 100 l’obbligo dell’ente locale sciolto per infiltrazione mafiosa di acquisire l’informazione in relazione a qualsiasi contratto o subcontratto, senza distinguerne la natura o l’oggetto ed indipendentemente dal valore, a differenza degli artt. 83 e 91”.

Secondo i giudici d’appello, la questione non riguarda l’esclusione o meno dei contratti dei liberi professionisti, ma l’assoggettabilità di questa categoria alla disciplina dell’istituto, prevista dagli artt. 83 e 91 d.lgs. n. 159/2011 (cd. “Codice Antimafia”). Il Consiglio di Stato nel rigettare il ricorso ha quindi confermato il seguente ragionamento del TAR: “considerato che il punto risolutivo della controversia verte unicamente sulla questione se la persona fisica che non riveste la qualità di titolare di impresa o di società possa essere destinatario di una informativa antimafia di tipo interdittivo, va ritenuto che debba darsi risposta negativa al suddetto interrogativo”.


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I LIBERI PROFESSIONISTI NON POSSONO ESSERE DESTINATARI DI INTERDITTIVA ANTIMAFIA O INFORMATIVA ANTIMAFIA

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