A cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, sentenza n. 12084 del 26.01.2023, depositata il 22.03.2023
La Sezione VI della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12084 depositata il 22.03.2023, pronunciandosi nell’ambito di un procedimento penale per il reato di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74/2000, ha statuito che il sopravvenuto integrale pagamento del debito tributario osta al mantenimento del sequestro finalizzato alla confisca anche per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Con questa motivazione è stato così annullato il sequestro dei beni confiscati in parte in un trust costituito dal soggetto indagato per sottrazione fraudolenta ed in parte nell’acquisto dell’immobile in cui quest’ultimo abitava, pur se formalmente intestato ad una società ricollegabile al predetto indagato.
Il caso esaminato dalla Suprema Corte trae origine dalla richiesta da parte del PM di eseguire un sequestro preventivo diretto e per equivalente nei confronti della società e del suo legale rappresentante per i reati di omessa presentazione della dichiarazione e per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il provvedimento veniva inizialmente rigettato e successivamente, in sede di rinvio, accolto parzialmente anche con riferimento al reato di sottrazione fraudolenta. La decisione veniva impugnata in Cassazione dall’interessato e sul punto il ricorrente evidenziava che il Tribunale in sede di riesame aveva trascurato l’integrale pagamento del debito tributario e pertanto la misura doveva essere revocata.
Gli Ermellini, in primo luogo, hanno evidenziato che la confisca in ambito tributario è, per sua natura, collegata al recupero delle imposte evase ed in quest’ottica l’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000 introduce un sistema finalizzato a favorire l’adempimento del debito tributario prevedendo, a fronte di tali condotte, l’esclusione della confisca del profitto. Si tratta, per la Suprema Corte, di una disposizione che si inserisce nella più ampia logica del sistema penale tributario, nell’ambito del quale le condotte di ravvedimento, mediante pagamento del debito tributario, sono valorizzate anche al fine di escludere la punibilità del reato o di attenuazione della sua gravità (artt. 13 e 14 d.lgs. n. 74/2000)
La Cassazione con la sentenza n. 12084/2023 ritiene che non vi siano valide ragioni per escludere l’applicabilità dell’art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000 anche al sequestro del profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Una volta che l’adempimento è intervenuto, infatti, viene meno il rapporto di strumentalità necessaria tra il sequestro del profitto e la procedura di riscossione coattiva, proprio perché tale fase non è più necessaria. Ne consegue che, ferma restando la sussistenza del reato, l’esigenza di disporre la misura cautelare reale viene necessariamente meno, non ponendosi più la necessità della riscossione coattiva e non essendo neppure ipotizzabile una maggiore difficoltà nel recupero dell’imposta dovuta. Il sequestro del profitto del reato di cui all’art. 11, infatti, è finalizzato ad imporre un vincolo sui beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’erario ma, ove il debito tributario è estinto, cessa anche l’esigenza di salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore.
All’argomento logico sistematico se ne aggiunge un altro di natura prettamente letterale, dovendosi valorizzare il fatto che l’art. 12-bis, nell’escludere la confiscabilità del profitto nel caso di adempimento del debito, non limita affatto l’ambito applicativo solo a taluni dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, sicché deve ritenersi che la norma sia applicabile anche al reato di sottrazione fraudolenta dei beni.
Tali considerazioni trovano l’avallo da parte della giurisprudenza, essendosi ritenuto che il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell’Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all’ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di sgravio da parte dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 39187/2015)
Analogo principio deve essere affermato anche nel caso in cui il debito tributario sia stato adempiuto, trattandosi di una fattispecie che – al pari di quella in cui è stata riconosciuta l’insussistenza della pretesa tributaria – si connota ugualmente per il venir meno del debito rispetto al quale il patrimonio del contribuente funge da garanzia patrimoniale per l’erario.