A cura di Rossella Ceccarini
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA TOSCANA, Sezione II, sentenza n. 288 del 7 marzo 2023 pubblicata il 20 marzo 2023
Il TAR per la Toscana con la sentenza n. 288 pubblicata il 20 marzo 2023 ha stabilito che la gravità del quadro indiziario attestante la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa posto a base dell’informativa antimafia deve essere desunta da un quadro indiziario fattuale composto da elementi che diano conto della permeabilità dell’impresa ad infiltrazioni della criminalità organizzata, secondo il criterio del “più probabile che non”. La gravità del quadro indiziario posto alla base della valutazione prefettizia è sindacabile in sede giudiziaria con pieno accesso ai fatti rivelatori del pericolo, che devono essere gravi, precisi e concordanti e tali da sostenere ragionevolmente la prognosi circa il pericolo di condizionamento dell’impresa. L’informativa interdittiva deve, quindi, essere assistita da congrua motivazione che dia contezza di detta adeguata istruttoria.
Il caso oggetto del giudizio innanzi al TAR trae origine dall’impugnazione del provvedimento con cui la Prefettura aveva disposto la cancellazione dell’impresa ricorrente dalla “white list” per l’asserita esistenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa. Il provvedimento era motivato dalla circostanza che, a seguito di una variazione della compagine societaria, il nuovo componente del consiglio di amministrazione risultava segnalato nella Banca dati nazionale antimafia quale direttore tecnico di una impresa in regime di curatela fallimentare e soggetta a provvedimento interdittivo antimafia ancora efficace per la contiguità del suo amministratore unico con soggetti ritenuti affiliati all’organizzazione criminale denominata “clan dei Casalesi”.
Avanti il TAR competente il ricorrente lamentava l’illegittimità del provvedimento impugnato lamentando, in primo luogo, l’omesso riferimento nella motivazione dello stesso ad elementi specifici riferibili all’impresa ricorrente senza considerare, inoltre, le intervenute dimissioni da parte del nuovo componente del consiglio di amministrazione dall’impresa colpita da interdittiva antimafia con conseguente cessazione di ogni rapporto lavorativo e di collegamento operativo tra le imprese. In secondo luogo, è stata denunciata l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non ravvisandosi una situazione di urgenza a provvedere richiamata nel provvedimento impugnato che potesse legittimarne l’omissione.
Il Collegio, nell’accogliere il ricorso, ha ribadito il carattere preventivo del provvedimento dell’informativa antimafia che è finalizzato ad attestare la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi gestionali dell’impresa interessata. Secondo il TAR ai fini dell’adozione di una informativa prefettizia interdittiva deve riscontrarsi la presenza di fatti sintomatici e indizianti che, considerati e valutati nel loro complesso, inducano ad ipotizzare la sussistenza di un collegamento tra impresa e criminalità organizzata. Affinché tale potere non sfoci in arbitrio, il quale ingiustamente minerebbe l’attività di impresa presidiata dal principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., dall’istruttoria deve emergere l’influenza di un sodalizio criminale sull’attività e le scelte del soggetto che ne è destinatario.
Nel caso esaminato il Collegio ha ritenuto insufficiente il solo elemento rappresentato dalla segnalazione del nuovo componente del consiglio di amministrazione nella Banca dati nazionale antimafia a fondare il rischio di infiltrazione mafiosa in quanto direttore tecnico di altra impresa colpita da analoga interdittiva emessa nel 2014. Il quadro indiziario è apparso insufficiente poiché fondato su fatti risalenti nel tempo e inidoneo a giustificare un giudizio di attualità e concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa. Il quadro indiziario basato su una presunta e comunque contestata comunanza di una figura gestoria tra l’impresa ricorrente ed altra colpita da informativa interdittiva antimafia non è sufficiente a fondare, secondo un criterio probabilistico, l’esistenza di un pericolo di condizionamento mafioso della prima ma sarebbe stato necessario condurre indagini.