A cura di Rossella Ceccarini
E’ stato presentato in data 09.05.2023, presso la sala stampa della Camera dei Deputati da Antonio Nicaso, Marcello Ravveduto e Nicola Gratteri, il rapporto “Le mafie nell’era digitale”, stilato dalla Fondazione Magna Grecia, organizzazione internazionale che opera per lo sviluppo sociale, culturale ed economico delle regioni del meridione e che ha promosso uno studio che pone l’obiettivo di definire i contorni e i contenuti delle modalità con cui le mafie vengono raccontate e si comunicano nel mondo digitale.
I risultati del Rapporto raccontano i nuovi linguaggi della criminalità organizzata sui social e confermano la capacità delle mafie di reinventarsi continuamente in base alle esigenze del presente e di progredire, man mano che il digitale prende la scena, facendo cadere i confini tra il reale e il virtuale. Emergono inoltre diversi dettagli estrapolati dai social sul linguaggio delle mafie: dalla musica trap al neomelodico, dalle macchine extra-lusso ai gioielli kitch, dalla “presta libertà” dedicata a chi è in carcere, affinché veda presto la luce del sole, alla mitizzazione dei grandi boss del passato, dagli emoticons a forma di cuore o di leone, di fiamma o di lucchetto per dimostrare sentimento, coraggio e omertà, agli hashtag per inserirsi nella scia dei contenuti virali su social network come Facebook (sempre meno), Instagram, Twitter e oggi soprattutto Tik Tok.
Il Rapporto spiega come, dopo una prima fase in cui le mafie usano i social in modo quasi ludico, anche nel mondo criminale subentra una maggiore consapevolezza del mezzo, che diventa luogo di sponsorizzazione e comunicazione con gli affiliati così come con i nemici. Fino ad arrivare, con lo sbarco in rete della nuova generazione criminale, alla creazione dell’“interreale mafioso”, ovvero di una continuità tra quanto accade in rete e il mondo reale. Alla minaccia sui social segue così l’agguato sul territorio. Le piattaforme diventano una specie di radar per intercettare affiliati e nemici da sostenere o colpire.
Secondo Grattieri: “Le mafie per esistere ormai hanno bisogno di pubblicità, di essere viste. E oggi questo bisogno si trasferisce anche in rete. Per cui mi auguro che si punti sempre di più alla formazione della polizia giudiziaria, affinché stia dietro alla velocità con cui il mondo della criminalità organizzata si reinventa. Mi fido poco della fonte confidenziale. Credo in prove certe basate su intercettazioni telefoniche, digitali, metodologie di tracciamento. Non possiamo permetterci di perdere posizioni nella lotta alla mafia rispetto ad altri Paesi che hanno investito in tecnologia”.
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