A cura di Rossella Ceccarini

Rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione relativa alla confisca allargata: se il divieto di giustificare la legittima provenienza dei beni valga anche per i cespiti acquisiti prima dell’entrata in vigore della norma del 2017

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, ordinanza n. 24335 del 30.05.2023, depositata il 06.06.2023

La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24335 depositata il 06.06.2023 ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: “Se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata – o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca – il divieto previsto dall’art. 240-bis, primo comma, cod. pen., di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, cioè del giorno di entrata in vigore di tale divieto, introdotto dall’art. 31 legge 17 ottobre 2017, n. 161”.

Il caso trae origine da un ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Bari che, in parziale accoglimento dell’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro delle somme sottoposte a vincolo reale, ha disposto la restituzione di euro (…), depositati sul conto corrente n. (…), confermando nel resto il titolo cautelare. Nei confronti del (…) sono stati emessi tre provvedimenti di sequestro funzionali sia alla confisca diretta, limitatamente all’importo di euro (…), insistente sul c/c n. (…), che alla confisca c.d. allargata o per sproporzione ai sensi dell’art. 240-bis c.p.

Il ricorrente non formula alcuna contestazione sul fumus commissi delicti, ma affida ad un unico motivo di ricorso la censura di violazione di legge concernente il duplice profilo della non applicabilità del divieto probatorio previsto dall’art. 240-bis c.p. e del criterio della c.d. “ragionevolezza temporale”. In particolare, quanto al primo profilo, lamenta che, a fronte della allegazione difensiva circa la provenienza del denaro sequestrato da evasione fiscale (nella misura, secondo quanto si legge nell’ordinanza impugnata, di euro … all’anno a partire dal 2010 e fino al 2017), il Tribunale ha ritenuto, conformandosi ad un orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità (Sez. II, n. 6587/2022), che il divieto probatorio contenuto all’art. 240-bis c.p. si applichi anche ai beni acquistati anteriormente alla sua introduzione ad opera della l. n. 161/2017, e ciò in forza dell’applicabilità dell’art. 200 c.p., essendo la confisca allargata riconducibile alla categoria delle misure di sicurezza. Il ricorrente, oltre a contestare tale qualificazione in base ai c.d. criteri Engel, in forza dei quali la confisca allargata dovrebbe ricondursi alla nozione di pena e, dunque, essere soggetta al principio di cui all’art. 7 CEDU, invoca, invece, l’applicazione dell’opposto principio di diritto affermato dalla Cassazione, Sez. I, n. 1778 dell’11/10/2019, Ruggieri, in forza del quale il divieto probatorio introdotto dall’art. 240-bis c.p., ricollegandosi alla dimensione civilistica di ripartizione degli oneri dimostrativi, avendo natura procedimentale, in applicazione dell’art. 11 disp. prel. cod. civ., non può trovare applicazione in relazione alle ricostruzioni patrimoniali antecedenti l’anno (2017) della sua introduzione.

Secondo la Suprema Corte il ricorso deve essere rimesso alle Sezioni Unite in quanto la questione posta con il primo profilo di censura è oggetto di un contrasto interpretativo.

Nella giurisprudenza della Corte sono emersi due diversi orientamenti in ordine alla retroattività o meno di tale disposizione e, dunque, alla sua applicabilità anche ai beni acquistati anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 161/2017 (19 novembre 2017). Un primo orientamento, inaugurato da Sez. I, n. 1778 del 11/10/2019, dep. 2020, Ruggieri, Rv. 278171 – 02, ha affermato che tale previsione ha natura di norma processuale, giacché non eleva l’evasione fiscale a presupposto dell’ablazione, ma introduce, in capo al condannato per un reato-spia, un divieto probatorio destinato ad operare nel contesto di una ricostruzione delle sue capacità economiche da effettuarsi in termini scomposti, ossia con riferimento alle risorse necessarie per realizzare gli acquisti nel momento in cui gli stessi sono intervenuti, e non riassuntivi, secondo il metodo di un confronto globale; ne deriva che la suddetta previsione – in ossequio a criteri di ragionevolezza e tutela dell’affidamento – non può trovare applicazione, anche nei procedimenti in corso, in relazione a ricostruzioni patrimoniali relative ad anni anteriori a quello di sua introduzione. Il percorso argomentativo a sostegno di tale conclusione si snoda lungo due direttrici: i) la necessità di non sovrapporre, con riferimento alle modalità di ricostruzione della sproporzione di valori tra redditi e investimenti, la confisca allargata e quella di prevenzione; ii) la natura del divieto probatorio introdotto con la novella del 2017.

Altro orientamento ermeneutico ritiene, invece, che il divieto probatorio in questione si applichi anche in relazione a cespiti acquisiti prima dell’entrata in vigore della l. n. 161/2017 (Sez. II, n. 6587 del 12/01/2022, Cuku, Rv. 282690; Sez. II, n. 15551 del 04/11/2021, dep. 2022, Gallace, Rv. 283384 – 02). Si è, infatti, osservato che a siffatta conclusione non osta il principio secondo cui, ai sensi dell’art. 11 disp. prel. cod. civ., la legge dispone solo per l’avvenire, in quanto, stante la natura di misura di sicurezza della confisca allargata, in virtù del combinato disposto degli artt. 199 e 200 c.p. (richiamato quanto alle misure di sicurezza patrimoniali dall’art. 236, comma 2, c.p.) e dei principi affermati dall’art. 25 Cost., deve escludersi che in tema di applicazione delle misure di sicurezza operi il principio di irretroattività della legge di cui all’art. 2 c.p., sicché le misure predette sono applicabili anche ai reati commessi nel tempo in cui non erano legislativamente previste ovvero erano diversamente disciplinate quanto a tipo, qualità e durata (in tal senso, si richiamano tra le altre, Sez. I, n. 44543 del 24/10/2012, Ascone, Rv. 254698; Sez. VI, n. 25096 del 06/03/2009, Nobis, Rv. 244355). Si è, inoltre, aggiunto, confrontandosi con l’opposto orientamento, che, anche a voler ritenere la natura processuale della nuova disposizione, deve comunque trovare applicazione il principio tempus regit actum, che va coordinato con la disposizione del codice sostanziale, secondo il quale le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione (art. 200, comma 1, c.p.). Ne consegue che, come afferma la sentenza Cuku, nei processi o nei procedimenti cautelari reali precedenti all’introduzione della nuova disposizione ad opera della l. n. 161/2017 il condannato o indagato ben avrebbe potuto giustificare la disponibilità dei beni in ragione dei redditi occultati al Fisco; di contro, con l’entrata in vigore della nuova disposizione, il «divieto probatorio» rileva per l’acquisizione di tutti i beni per i quali è contestata la sproporzione, indipendentemente dal tempo della loro acquisizione (primo o dopo la modifica dell’art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, ora art. 240-bis c.p.): per le misure di sicurezza applicate dopo il 18 novembre 2017, infatti, la legge ha previsto il suindicato limite per il superamento della presunzione relativa da parte del destinatario della richiesta di confisca o sequestro.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, per la Suprema Corte di Cassazione va rimessa alle Sezioni Unite la seguente questione: “Se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca c.d. allargata – o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca – il divieto previsto dall’art. 240-bis, primo comma, cod. pen., di giustificare la legittima provenienza dei beni, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19/11/2017, cioè del giorno di entrata in vigore di tale divieto, introdotto dall’art. 31 legge 17 ottobre 2017, n. 161”.


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RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE LA SEQUENTE QUESTIONE RELATIVA ALLA CONFISCA ALLARGATA

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