A cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione II Penale, sentenza n. 25275 del 23.02.2023, depositata il 12.06.2023
La Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 25275 del 23 febbraio 2023, depositata il 12 giugno 2023, ha ribadito il principio recentemente espresso dalle Sezioni Unite ossia che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione (Cass. pen., Sez. Un., 27 maggio 2021, n. 42415).
Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno messo in evidenza come il denaro sia bene “ontologicamente” diverso da qualunque altra utilità e come la peculiare natura del denaro si rifletta anche sulla confisca, dovendosi ritenere che, nel caso in cui il profitto od il prezzo del reato sia consistito in denaro, è “irrilevante che il numerano conseguito dall’autore – perciò stesso confuso nel suo patrimonio, al pari, del resto, di eventuali altre acquisizioni monetarie lecite – sia materialmente corrispondente a quello sottoposto a confisca”. La somma di denaro che ha costituito il prezzo o il profitto del reato non va dunque considerata, ai fini che ci occupano, nella sua fisica consistenza, ma nella sua ontologica essenza di bene fungibile e paradigma di valore. Se il prezzo o il profitto del reato è rappresentato da una somma di denaro, essa si confonde con altre componenti del patrimonio del reo e perde perciò stesso ogni giuridico rilievo la sua identificabilità fisica. In definitiva, secondo le Sezioni Unite, il rapporto di pertinenzialità va individuato tra il reato e l’incremento monetario che ne è conseguito; ne consegue che la materiale composizione della disponibilità del denaro depositato su conto corrente bancario diviene irrilevante, posto che oggetto della confisca sarà pur sempre una somma di valore pari a quella ottenuta dalla commissione del reato. Il sequestro finalizzato alla confisca del denaro quale profitto o prezzo del reato, operando allo stesso modo della confisca per equivalente per il carattere di bene fungibile proprio del denaro, genera in ogni caso un vincolo permanente di valore sulle consistenze pecuniarie anche future del soggetto ad esso sottoposto.
Lo scopo della misura ablativa non è, infatti, quello di ritrovare sul conto corrente del reo le stesse banconote ab origine costituenti il prezzo o il profitto del reato, ma quello di realizzare l’ablazione della somma che sia già entrata nel patrimonio dell’autore a causa della commissione dell’illecito ed ivi sia ancora rinvenibile, poiché il pregiudizio è comunque correlato al carattere permanente dello stesso ed alla sua operatività slegata da una precisa e predefinita delimitazione temporale.