A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III Penale, sentenza n. 26787 del 15.02.2023, depositata il 21.06.2023

La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 26787 depositata il 21.06.2023 ha stabilito che non viene meno il vantaggio goduto se dopo il compimento del reato i suoi presupposti vengano rimossi e che l’estinzione dell’ente per incorporazione in altra società non equivale alla condizione di morte dell’imputato.

Il caso trae origine da una sentenza emessa in materia di smaltimento di rifiuti dalla Corte d’Appello di Bologna che disponeva la conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Modena con cui si dichiarava la società (…) s.r.l. responsabile dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 231/2001, in relazione al reato previsto dall’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152/2006, commesso dal legale rappresentante dell’ente. Ricorreva per cassazione la società (…) lamentando la mancata valutazione della prova dell’estinzione dell’ente intervenuta con fusione per incorporazione, la mancanza ed illogicità della motivazione circa l’oggettiva consistenza del vantaggio, l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e l’assenza o illogicità della motivazione.

La Suprema Corte ha rilevato che, sebbene sia pur vero che il meccanismo della fusione, tanto più se per incorporazione, determina un fenomeno che la stessa giurisprudenza della medesima Corte ha accostato alla successio mortis causa (cfr. per tutte, Cass., Sezione I Civile, 12 novembre 2019, n. 29256), non può non osservarsi come siffatta analogia, meramente descrittiva ed evocativa di fenomeni antropomorfici non riproducibili ad instar naturae nei soggetti giuridici impersonali, esaurisca i suoi effetti sul piano del diritto civile, non potendo certamente ritenersi che, per effetto della intervenuta estinzione della società dovuta alla sua fusione per incorporazione con altro soggetto collettivo, si realizzino tutte le conseguenze che sono proprie dell’avvenuto decesso dell’imputato.

Inoltre la Corte ha osservato che il comportamento omissivo (consistito nel non aver eseguito le periodiche movimentazioni dei rifiuti finalizzate al corretto smaltimento dei rifiuti presso i luoghi di stoccaggio) tenuto dalla società (…) ha comportato un indebito risparmio di spesa, costituendo questo il “vantaggio” da essa tratto dalla commissione del reato materialmente attribuito ai suoi amministratori, a nulla rilevando che, successivamente, i rifiuti siano stati comunque portati via, trattandosi di una condotta posta in essere successivamente alla commissione del reato.


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L’ESTINZIONE DELL’ENTE PER INCORPORAZIONE IN ALTRA SOCIETA’ NON EQUIVALE ALLA CONDIZIONE DI MORTE DELL’IMPUTATO
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