A cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione II Penale, sentenza n. 27970 depositata in data 27.06.2023
La Sezione Seconda Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 27970 depositata in data 27.06.2023 nel rigettare il ricorso ha affermato che commette il reato di false comunicazioni sociali l’amministratore che annulla il debito tributario e rileva contestualmente una sopravvenienza attiva nonostante la vittoria in primo grado del giudizio tributario e lo sgravio da parte dell’Ufficio. Trattandosi, infatti, di una situazione temporanea e non definitiva occorre una valutazione prudenziale e corretta.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguarda una sentenza della Corte d’Appello di Napoli che confermava la condanna di (…) in ordine al reato di cui all’art. 2621 c.p. per aver esposto, in veste di amministratore della (…) s.r.l. informazioni non corrispondenti al vero nei bilanci relativi al 31.12.2014 e al 31.12.2015.
L’amministratore ricorreva in cassazione, adducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della falsità, violazione di legge e vizio di motivazione circa la consapevolezza e volontà di compiere un falso.
La Suprema Corte ha confermato la condanna richiamando e sintetizzando alcune caratteristiche del bilancio (cfr. Cass., Sez. U., n. 22474/2016) e ricordando che in tutte le sue componenti (stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario, nota integrativa) è un documento dal contenuto essenzialmente valutativo, nel quale confluiscono dati certi (ad esempio il costo di acquisto di un bene), dati stimati (ad esempio il prezzo di mercato di una merce) e dati congetturali (ad esempio quote di ammortamento). La funzione del bilancio è essenzialmente quella di informazione e comunicazione. Attraverso il bilancio si forniscono, infatti, notizie sulla consistenza e sulle prospettive di un’azienda e ciò non solo a garanzia dei soci e dei creditori, ma anche dei futuri ed ipotetici soggetti che potrebbero entrare in contatto con la predetta azienda.
I lettori del bilancio devono essere posti nella condizione di effettuare le loro valutazioni, vale a dire di valutare un documento, già in sé di contenuto valutativo. Ma tale “valutazione su di una valutazione” non sarebbe possibile se non esistessero criteri – obbligatori o largamente condivisi – per eseguire tale operazione intellettuale. Tali criteri esistono e sono, in gran parte, imposti dallo stesso legislatore nazionale (artt. 2423 e seguenti c.c.) o dalle direttive europee (cfr. Direttiva 2013/34/UE) o sono frutto dell’elaborazione dottrinale nelle materie di competenza. Sempre secondo la Corte l’art. 2423 c.c. impone al redattore del bilancio l’elaborazione di un documento che rappresenti «in modo veritiero e corretto» tanto la situazione patrimoniale e quella finanziaria della società, quanto il risultato economico dell’esercizio. La nota integrativa rappresenta, quindi, la chiave di lettura del bilancio e l’esplicitazione dei criteri (e dell’eventuale deroga a tali criteri) di redazione dello stesso (Cass., Sez. U., n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, in motivazione). Nella specie, la sopravvenienza attiva registrata era “non veritiera” e nella nota integrativa era stato esposto il falso atteso che la sentenza non era passata in giudicato in quel momento. In tal modo si è generato fittiziamente l’utile che ha incrementato il patrimonio netto, che unitamente agli anni successivi, ha continuato a fornire una rappresentazione non conforme al vero. Peraltro, la nota integrativa non faceva alcun riferimento allo sgravio, limitandosi cioè a richiamare la sentenza non definitiva.
Quanto all’elemento soggettivo e quindi all’asserita buona fede dell’amministratore nella esposizione dell’attività in bilancio, il giudice ha confermato la valutazione della Corte territoriale perché, alla data di approvazione del bilancio, l’imputato era a conoscenza della non definitività della sentenza di primo grado in quanto aveva ricevuto la notifica dell’atto di appello. Era dunque fatto noto che non si trattasse di una pronuncia definitiva. Da qui la conferma della condanna per il reato di false comunicazioni sociali.