A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale, Sezione Terza, sentenza n. 9091 del 28.09.2023 depositata il 19.10.2023
La Sezione Terza (in sede giurisdizionale) del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 9091 depositata il 19 ottobre 2023, ha affermato che il procedimento di aggiornamento dell’originario provvedimento interdittivo non è inquadrabile, per gli effetti applicativi dell’art. 10-bis l. n. 241/1990, quale procedimento “ad istanza di parte”, atteso che, anche sulla base della ricostruzione operata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 57 del 26 marzo 2020 (laddove si afferma che, ai sensi dell’art. 86, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, “l’informativa antimafia ha una validità limitata di dodici mesi, cosicché alla scadenza del termine occorre procedere alla verifica della persistenza o meno delle circostanze poste a fondamento dell’interdittiva, con l’effetto, in caso di conclusione positiva, della reiscrizione nell’albo delle imprese artigiane, nella specie, e in generale del recupero dell’impresa al mercato. E va sottolineata al riguardo la necessità di un’applicazione puntuale e sostanziale della norma, per scongiurare il rischio della persistenza di una misura non più giustificata e quindi di un danno realmente irreversibile”), l’attivazione del procedimento di riesame, in presenza di elementi nuovi astrattamente suscettibili di modificare la prognosi interdittiva posta a fondamento del provvedimento prefettizio, costituisce il frutto doveroso di un’iniziativa che la P.A. deve porre in essere ex officio (atteggiandosi conseguentemente, l’istanza di parte, ad atto sollecitatorio non indispensabile ai fini del promovimento del procedimento di riesame).
La controversia sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato, introdotta dalla Società (…) esercente attività nel settore del commercio all’ingrosso di inerti calcarei, ha ad oggetto l’informativa antimafia adottata dal Prefetto di Napoli, fatta oggetto dalla suddetta società di ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Campania. Il provvedimento interdittivo è scaturito dall’istanza di aggiornamento presentata dall’amministratore unico della società (…), arch. (…). La Prefettura di Napoli, dopo aver richiamato la precedente informativa, le citate sentenze del giudice amministrativo e la composizione sociale e proprietaria della predetta società, ha affermato la permanenza del pericolo di contaminazione mafiosa nei confronti della stessa.
Il T.A.R. per la Campania ha respinto il ricorso proposto dalla (…) avverso il predetto provvedimento interdittivo. La suindicata sentenza del T.A.R. costituisce oggetto dell’appello proposto dalla originaria ricorrente, al cui accoglimento si sono opposti il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Napoli.
Secondo il Consiglio di Stato, in ogni caso, deve osservarsi che la pronuncia del Consiglio di Stato n. 1341 del 25 febbraio 2022, che ha ammesso l’applicazione delle garanzie partecipative nel procedimento antimafia (prima della loro istituzionalizzazione per effetto delle modifiche introdotte nel d.lgs. n. 159/2011 dal d.l. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233), attiene, come espressamente in essa affermato, ad una fattispecie del tutto peculiare, che – sebbene insensibile, ratione temporis, alle recenti innovazioni in tema di contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia (art. 48 d.l. n. 152/2021) – interpella un’applicazione calzante, ponderata e razionale dei principi generali in materia di procedimento.
Se quindi, secondo la sentenza citata, la dialettica tra i soggetti del procedimento costituisce espressione ed effetto di una scelta facoltativa rimessa alla valutazione discrezionale della Prefettura, ai sensi dell’art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159/2011, e “detta interlocuzione, infatti, si realizza nei soli casi in cui il Prefetto competente, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, ritenga utile invitare i soggetti interessati a produrre ogni ulteriore elemento utile a loro disposizione, nella prospettiva di una più accurata ed efficace istruzione del procedimento”, per il Consiglio di Stato non è dato riscontrare nella specie che le “peculiari circostanze del caso possano rendere la valutazione prefettizia (in ordine allo svolgimento o meno del contraddittorio procedimentale, n.d.e.), illogica, immotivata e, quindi, sindacabile in sede giurisdizionale” né il superamento del “punto limite oltre il quale la pretesa compressione delle ordinarie garanzie partecipative non appare ragionevolmente sostenibile”.