A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione III in sede giurisdizionale, sentenza n. 9982 del 09.11.2023 depositata il 22.11.2023
La Terza Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 9982 del 09.11.2023 depositata in data 22.11.2023 ha affermato che la misura interdittiva antimafia mira a prevenire e a impedire sul nascere meri tentativi di condizionamento malavitoso della gestione dell’impresa o di esposizione dell’impresa al pericolo concreto di infiltrazione della malavita organizzata, mentre il processo penale mira ad accertare e reprimere reati consumati o tentati; la misura interdittiva richiede, per la sua legittima adozione, solo la presenza di un quadro indiziario significativo dei suddetti tentativi o della suddetta esposizione al pericolo di condizionamento, acquisito sulla base dei poteri di accertamento riconducibili all’Autorità di prevenzione, mentre la condanna penale richiede la piena prova del reato, in tutte le componenti della sua fattispecie, oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base dei pieni e illimitati poteri di indagine e di accertamento propri della sede penale. Si tratta, dunque, di due realtà giuridiche distinte, temporalmente distanti e di regola non commensurabili. Di conseguenza, la consolidata giurisprudenza amministrativa formatasi in questa materia, correttamente distingue nettamente le due aree di intervento e le diverse procedure, quella (amministrativa) della prevenzione in funzione di tutela della pubblica sicurezza, che costituisce la soglia di massimo avanzamento della prevenzione, rispetto a quella (giudiziaria) della repressione dei reati commessi (Corte cost., sentenze nn. 180 e 118 del 2022, n. 178 del 2021 e n. 57 del 2020; Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3; Cons. Stato, Sez. III, 4 gennaio 2022, n. 21; Cons. Stato, Sez. I, Pareri, 20 marzo 2023, n. 487; Cons. Stato, 20 dicembre 2022, n. 2030; Cons. Stato, 7 luglio 2022, n. 1181; Cons. Stato, 18 giugno 2021, n. 1060).
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato riguardava una sentenza emessa dal T.A.R. Marche con cui il collegio giudicante ha respinto il ricorso diretto ad ottenere l’annullamento dell’informazione antimafia interdittiva adottata dal Prefetto di Fermo a seguito della rivalutazione della posizione della società (…) (già colpita da un precedente provvedimento analogo), nonché una sentenza sempre emessa dal T.A.R. Marche che ha respinto il ricorso avverso la nota con cui la Prefettura di Fermo aveva disposto la gestione straordinaria e temporanea di (…) ai sensi dell’art. 32, comma 10, d.l. n. 90/2014, conv. con mod. in l. 114/2014, con riferimento alla prosecuzione del contratto di appalto per i servizi di igiene urbana nonché per la prosecuzione di tutti gli ulteriori contratti pubblici in corso di esecuzione.
Secondo il Consiglio di Stato pacifica è la condivisa giurisprudenza che ha chiarito che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (Cons. Stato, Sez. III, 22 maggio 2023, n. 5024; Cons. Stato, Sez. III, 16 maggio 2023, n. 4856; Cons. Stato, Sez. III, 29 settembre 2022, n. 9558). Se la logica e la ragion d’essere stessa dell’istituto delle informazioni antimafia consiste nella massima anticipazione, in funzione preventiva, della reazione dell’ordinamento alle prime manifestazioni di possibili tentativi di infiltrazione malavitosa nella conduzione e negli indirizzi dell’impresa, allora è da respingere l’idea che gli sviluppi e le acquisizioni successivi alla data di adozione dell’informativa interdittiva, emersi e acquisiti nella sede penale e del controllo giudiziario, possano o debbano essere posti a raffronto con le considerazioni e i giudizi in precedenza espressi dal Prefetto e fungere da parametro di giudizio ex post della legittimità dell’interdittiva stessa. Deve peraltro subito precisarsi che le ora esposte coordinate interpretative non implicano che i suddetti sviluppi ed esiti siano assolutamente irrilevanti o non debbano essere presi in alcuna considerazione dal giudice amministrativo, ma significa solo che tali sviluppi ed esiti successivi possono incidere sul giudizio di legittimità solo quando forniscano la prova certa ed evidente di un macroscopico errore originario di cognizione del fatto e di giudizio nel quale sia incorsa l’Autorità prefettizia.
Il Consiglio di Stato ha già chiarito che non merita adesione la tesi secondo la quale il giudizio di pericolo di esposizione a forme di condizionamento malavitoso delle imprese, per come affermato e motivato nelle informazioni interdittive impugnate, debba o possa essere confutato alla luce degli svolgimenti e delle sopravvenienze intervenuti nella parallela sede penale e delle misure di prevenzione e di controllo giudiziario, poiché un tale approccio condurrebbe a un’impropria sovrapposizione ex post del giudizio dell’Autorità giudiziaria penale alla valutazione compiuta ex ante dall’Autorità prefettizia (Cons. Stato, Sez. III, 14 luglio 2023, n. 6896).
Secondo il Consiglio di Stato la stessa Sezione ha più volte sottolineato che l’impugnazione dell’interdittiva antimafia si configura quale giudizio non sul rapporto ma sull’atto, la cui legittimità va scrutinata alla stregua del canone “tempus regit actum”. Pertanto, sono tendenzialmente irrilevanti, in punto di scrutinio della legittimità dell’informativa adottata anche sulla base di atti emanati dall’A.G. penale, le successive vicende del medesimo procedimento penale; la legittimità dell’informativa antimafia interdittiva, al pari di ogni altro provvedimento amministrativo, va scrutinata sulla base dello stato di fatto e di diritto sussistente al momento della sua adozione, alla stregua appunto del principio del tempus regit actum, che rende tendenzialmente irrilevanti, in punto di scrutinio della legittimità dell’informativa adottata anche sulla base di atti emanati dall’Autorità giudiziaria penale, le successive vicende del medesimo procedimento penale, fatta salva la facoltà per la parte interessata di avanzare, sulla base delle stesse sopravvenienze, una motivata istanza di riesame della misura interdittiva (Cons. Stato, Sez. III, 19 maggio 2023, n. 2013). I presupposti delle misure del controllo giudiziario e della interdittiva non sono infatti coincidenti, né vi è alcun automatismo di implicazioni valutative tra lo scrutinio svolto, rispettivamente, dall’amministrazione e dal giudice penale; la prima esprime un giudizio statico o retrospettivo su un fenomeno infiltrativo già compiutosi; il secondo effettua una prognosi sulla capacità dell’impresa di emendarsi e di reinserirsi nel circuito dell’economia legale.