A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 392 del 05.10.2023 depositata il 12.01.2024
La Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 392 depositata in data 12 gennaio 2024, nel respingere l’appello, ha affermato che l’art. 103 d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) impone che sussistano due condizioni al ricorrere delle quali la stazione appaltante è legittimata a riscuotere la cauzione definitiva: che vi sia un inadempimento contrattuale imputabile all’aggiudicatario e che risulti, allo stesso tempo, pregiudizievole per l’Amministrazione.
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato riguardava l’appello proposto dal Comune di (…) avverso una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia concernente un’informazione antimafia e i conseguenti provvedimenti emessi dai Comuni di (…). In particolare, una società operante nel settore della riscossione dei tributi anche nei Comuni di (…) e di (…) è stata destinataria di un’interdittiva antimafia della Prefettura. A seguito di tale provvedimento, i due Comuni hanno revocato il servizio di riscossioni, incamerando le cauzioni. La società (…) ha impugnato al T.A.R. di Bari l’interdittiva e i provvedimenti di incameramento delle cauzioni. Nel corso del giudizio la società è stata ammessa al controllo giudiziario e conseguentemente la Prefettura ha emanato un provvedimento liberatorio per l’interdittiva. Il gravame proposto è stato quindi limitato, quanto alla decisione, al provvedimento di incameramento delle cauzioni prestate ai sensi dell’art. 103 d.lgs. n. 50/2016. Il T.A.R. ha accolto il ricorso, evidenziando come la richiesta di misure di mitigazione, quale è il controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011, poteva salvaguardare l’operatività del soggetto interessato e, in ogni caso, non poteva ritenersi fondato l’automatico incameramento della cauzione per inadempienza negoziale in costanza del provvedimento interdittivo. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il Comune di (…) sulla base di una serie di motivi di gravame.
La Sezione Terza del Consiglio di Stato con la sentenza n. 392 ha affermato che, nell’ipotesi di risoluzione intervenuta a causa del factum principis costituito dal sopravvenire di un provvedimento pubblicistico interdittivo, risulta evidente che la ragione di impedimento opera dall’esterno del contratto, precludendone l’ulteriore corso. D’altra parte, l’interdittiva antimafia non rientra tra le cause legittimanti l’escussione della garanzia definitiva previste dal citato art. 103 (cfr. il comma 2, nel quale è indicato come la stessa cauzione possa essere trattenuta solo qualora l’Amministrazione debba rivalersi per la maggiore spesa sostenuta in ragione dell’inadempimento di controparte ovvero debba provvedere al pagamento di quanto dovuto sempre dall’esecutore in ragione di inosservanze delle regole contrattuali). Inoltre, pur volendo ricondurre l’interdittiva all’inadempimento di cui all’art. 103, deve essere sottolineato come la cauzione definitiva prevista dalla stessa disposizione, che si atteggia come garanzia di adempimento in senso stretto, cioè garanzia reale generica destinata a soddisfare le pretese, anche risarcitorie, vantate anche dalla stazione appaltante per l’inadempimento delle obbligazioni contrattuali, potrebbe operare nei limiti del pregiudizio effettivamente subito (che dunque va dimostrato). In sostanza, deve essere esclusa l’escussione della garanzia definitiva in via automatica basata sulla risoluzione per la sopravvenuta interdittiva prefettizia, la quale attribuirebbe alla stessa una funzione sanzionatoria che risulterebbe estranea all’istituto e tale da configurare l’indebito arricchimento della stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 giugno 2023, n. 5968, e Cons. Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2021, n. 8367). Più in generale, l’interdittiva antimafia è una misura priva di portata sanzionatoria che prescinde da qualsivoglia colpevolezza dell’impresa colpita, trovando giustificazione in fondamentali esigenze di contrasto preventivo della criminalità organizzata. Tale impostazione, che peraltro assicura la compatibilità dell’eccezionale strumento interdittivo con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, finirebbe per essere sostanzialmente disattesa laddove si equiparasse automaticamente, ai fini della disciplina sulla cauzione definitiva, il caso dell’inadempimento colpevole dell’appaltatore e quello dell’impossibilità di eseguire la prestazione per il sopraggiungere di un’interdittiva antimafia. In questo modo, infatti, si finirebbe per attribuire alla stessa quella base di colpevolezza che fonda la disciplina sull’inadempimento delle obbligazioni e che dovrebbe, invece, rimanere estranea, per evidenti ragioni di coerenza sistematica, rispetto ad una fattispecie che non ha natura sanzionatoria perché non colpisce un illecito (quale, invece, è l’inadempimento delle obbligazioni in senso civilistico), configurandosi quale misura preventiva di contrasto della criminalità organizzata.