A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, sentenza n. 4005 del 30.11.2023 depositata il 30.01.2024

La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 4005 del 30.11.2023 depositata il 30.01.2024 ha enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente alla confisca di prevenzione non vi sono limiti probatori in ordine alla dimostrazione della buona fede del creditore, che pertanto, potrà essere riconosciuta anche sulla base di elementi indiziari ed in assenza della documentazione relativa alle verifiche concernenti le condizioni reddituali e patrimoniali del debitore al momento del finanziamento, ove la mancata conservazione di tali documenti sia giustificata dal notevole lasso temporale intercorso tra la chiusura del rapporto e la confisca di prevenzione».

La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione riguarda una causa avente ad oggetto l’impugnazione di un decreto emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione per le misure di prevenzione che aveva rigettato l’istanza avanzata dalla (…) riguardante la confisca di prevenzione di beni sui quali era iscritta ipoteca. Avverso il decreto di rigetto la ricorrente deduceva violazione dell’art. 52 d.lgs. n. 159/2011 nella parte in cui il Tribunale aveva escluso la buona fede dell’originario creditore. La Suprema Corte ha ribadito che in tema di misure di prevenzione patrimoniali, qualora venga presentata domanda di ammissione allo stato passivo da parte del terzo creditore, si deve procedere a verificare in primis il nesso di strumentalità del credito rispetto all’attività illecita del proposto e, solo all’esito, gli elementi dimostrativi di buona fede addotti dal creditore (da ultimo, Cass. pen., Sez. VI, 28/05/2023, n. 30153, Banca IFIS s.p.a., Rv. 285079). Il Tribunale aveva escluso la possibilità stessa di verificare la buona fede del creditore, stante l’omesso deposito della documentazione attestante le verifiche svolte sulle condizioni reddituali e sulle disponibilità economiche del soggetto cui venne concesso il credito. La Corte di Cassazione ha ritenuto, invece, che sia errata in diritto la tesi secondo cui la buona fede possa essere dimostrata unicamente mediante la dimostrazione dell’iter che ha condotto alla concessione del finanziamento. Invero, l’art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non pone limiti probatori specifici al terzo che intenda dimostrare la propria buona fede, tant’è che lo stesso comma 3 indica, in maniera non tassativa, una pluralità di elementi di valutazione. Quanto detto consente di affermare che, a fronte di un credito accertato in via definitiva nel 1985, non è consentito valutare la buona fede basandosi esclusivamente sulla mancata conservazione della documentazione concernente la fase genetica del rapporto. Ai fini dell’ammissione allo stato passivo di un credito derivante da un contratto di finanziamento bancario, costituisce elemento di valutazione della “mancanza della buona fede del creditore l’omesso deposito in giudizio delle delibere dell’istituto di credito con cui è stato concesso il prestito (cfr. Cass. pen., Sez. II, n. 7879 del 2020), ma tale elemento deve essere complessivamente valutato tenendo conto delle ulteriori deduzioni indicate dal creditore”. Nel caso di specie, la parte ricorrente aveva dedotto diversi elementi a prova della propria buona fede.

In particolare, ad avviso della Suprema Corte, la buona fede del creditore presuppone una verifica che tenga conto di tutti gli elementi potenzialmente rilevanti, dovendosi valorizzare il profilo concernente la distanza temporale tra la manifestazione della pericolosità del debitore e l’epoca di concessione del finanziamento, che costituisce uno dei profili che la giurisprudenza valorizza autonomamente ai fini della verifica in ordine alla buona fede del creditore (Cass. pen., Sez. VI, 22/11/2017, n. 55715, Banca Popolare di Sondrio s.p.a., Rv. 272232). Per quanto concerne, invece, lo specifico profilo relativo alla verifica degli obblighi di diligenza nella concessione del credito, la stessa Corte ha già avuto modo di chiarire che ai fini dell’ammissione allo stato passivo del terzo creditore, nel caso in cui questi abbia allegato elementi idonei a comprovare, all’atto dell’erogazione del credito, la propria buona fede, non è sufficiente, ai fini di escludere la stessa, il mancato rispetto degli obblighi di diligenza per l’incompletezza dell’istruttoria o la non corretta valutazione del merito creditizio, ma è necessario che detta negligenza abbia determinato la mancata verifica del nesso di strumentalità del credito concesso rispetto all’attività illecita del prevenuto (Cass. pen., Sez. V, 05/02/2020, n. 12772, MPS s.p.a., Rv. 279024).


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CREDITO SORTO ANTECEDENTEMENTE ALLA CONFISCA PREVENTIVA E PROVA DELLA BUONA FEDE DEL TERZO NELL’AMMISSIONE DEL PASSIVO

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