A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 2160 dell’11.01.2024 depositata il 05.03.2024
Con la sentenza n. 2160 dell’11 gennaio 2024 depositata il 5 marzo 2024 la Terza Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito alla richiesta di riforma della sentenza emessa dal T.A.R. dell’Emilia Romagna (Sezione Prima) resa sul ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento mediante il quale la Prefettura di Modena aveva respinto l’istanza di rinnovo nell’elenco dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (c.d. white list) istituito presso la medesima e del provvedimento mediante il quale la Prefettura di Modena aveva confermato il diniego di iscrizione nella “white list” irrogato nonché dell’atto mediante il quale la Prefettura di Modena in seguito alla richiesta di nuova iscrizione nella “white list” formulata da (…) aveva comunicato la vigenza del provvedimento interdittivo antimafia.
Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza n. 2160, nel respingere il ricorso in appello sottoposto al proprio vaglio è intervenuto in materia di interdittiva antimafia e, nel richiamare la propria consolidata giurisprudenza, ha chiarito che l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (c.d. white list) è disciplinata dagli stessi principi che regolano l’interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, Sez. III, 20 febbraio 2019, n. 1182). Escluso qualsivoglia automatismo tra l’adozione di un’interdittiva antimafia e la sua conseguente estensione alle imprese legate da vincoli associativi a quella attinta dalla prima misura, la giurisprudenza ha chiarito che uno degli indici del tentativo di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa – di per sé sufficiente a giustificare l’emanazione di un’interdittiva antimafia – è stato identificato nell’instaurazione di rapporti commerciali o associativi tra un’impresa e una società già ritenuta esposta al rischio di influenza criminale (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 26 maggio 2016, n. 2232). La ratio di tale regola dev’essere rinvenuta, in particolare, nella valenza sintomatica del rischio di collusioni illecite con organizzazioni mafiose attribuibile a cointeressenze economiche particolarmente pregnanti tra un’impresa certamente gravata da controindicazioni antimafia e un’altra che fa affari con essa. Perché possa presumersi il ‘contagio’ alla seconda impresa della ‘mafiosità’ della prima è, ovviamente, necessario che la natura, la consistenza e i contenuti delle modalità di collaborazione tra le due imprese siano idonei a rivelare il carattere illecito dei legami stretti tra i due operatori economici. Là dove, in particolare, l’analisi dei rapporti tra le due imprese manifesti una plausibile condivisione di finalità illecite e una verosimile convergenza verso l’assoggettamento agli interessi criminali di organizzazioni mafiose, desumibili, ad esempio, dalla stabilità, dalla persistenza e dall’intensità dei vincoli associativi o delle relazioni commerciali, può presumersi l’esistenza di un sodalizio criminoso tra i due operatori. Là dove, viceversa, l’esame dei contatti tra le società riveli il carattere del tutto episodico, inconsistente o remoto delle relazioni d’impresa, deve escludersi l’automatico trasferimento delle controindicazioni antimafia dalla prima alla seconda società. Mentre, infatti, nella prima ipotesi la continuità e la particolare qualificazione della collaborazione tra le imprese giustifica il convincimento, seppur in termini prognostici e probabilistici, che l’impresa ‘mafiosa’ trasmetta alla seconda il suo corredo di controindicazioni antimafia, potendosi presumere che la prima scelga come partner un soggetto già colluso o, comunque, permeabile agli interessi criminali a cui essa resta assoggettata (o che, addirittura, interpreta e persegue), nel secondo caso, al contrario, il carattere del tutto sporadico e scarsamente significativo dei contatti tra i due operatori impedisce di formulare la predetta valutazione (in presenza di ulteriori e diversi indici sintomatici) (Cons. Stato, Sez. III, 22 giugno 2016, n. 2774).