A cura di Rossella Ceccarini
(artt. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 e 47 l. fall.)
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V Penale, ordinanza n. 10106 del 21.02.2024 depositata l’08.03.2024
La Corte di Cassazione, Sezione V Penale, con l’ordinanza n. 10106 del 21 febbraio 2024 depositata l’8 marzo 2024, preso atto della successione di norme in materia, ha rilevato che oggi, pur essendo attribuito al giudice delegato il potere di ordinare lo sgombero all’atto del sequestro dell’abitazione del fallito (prima affidato al tribunale), è il collegio e non più il giudice delegato a dover provvedere all’opposizione a norma dell’art. 47, comma 2, l. fall.
La questione sottoposta al vaglio della Sezione V Penale della Suprema Corte di Cassazione riguarda un ricorso avverso un decreto emesso dal Tribunale di Roma che aveva rigettato l’istanza di differimento dello sgombero ex art. 40 d.lgs. n. 159/2011 proposta con riguardo ad un immobile sottoposto a sequestro di prevenzione instaurato nei confronti del marito della ricorrente. Avverso tale rigetto era stato presentato ricorso per cassazione. Secondo la Suprema Corte occorre avere riguardo al testo del d.lgs. n. 159/2011, come modificato dalla l. 17 ottobre 2017, n. 161, nell’ottica della verifica dell’incidenza della novella sulla ripartizione di competenza tra tribunale e giudice delegato nella procedura in ordine all’adozione dei provvedimenti riguardanti i diritti personali del sottoposto alla procedura e della sua famiglia, previsti dall’art. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 e dall’art. 47 l. fall. Tale disanima si impone per comprendere se e in che termini, anche a seguito delle richiamate modifiche legislative, oggi operi il sindacato, secondo il regime già designato dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza del precedente assetto normativo, dei provvedimenti riguardanti i detti diritti o, più precisamente, di quelli che incidono sul godimento dell’immobile sottoposto a cautela che sia designato ad abitazione del proposto o della sua famiglia. Gli Ermellini hanno precisato che, prima della riforma del 2017, la giurisprudenza di legittimità, sul presupposto che, “nel procedimento di prevenzione, i provvedimenti adottati dal giudice delegato, stante il principio di tassatività delle impugnazioni ex art. 568 cod. proc. pen., non sono impugnabili perché manca al riguardo un’espressa previsione”, aveva individuato quale “eccezione” proprio “i provvedimenti indicati dall’art. 47 legge fallimentare – adottabili dal giudice delegato nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia ex art. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/2011” – indicando quale rimedio azionabile avverso di essi l’“opposizione davanti al tribunale in composizione collegiale mediante incidente di esecuzione” e quale rimedio avverso “l’ordinanza collegiale emessa all’esito di tale opposizione il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 666, comma 6, c.p.p.” (Cass. Pen., Sez. VI, n. 38264 del 03.07.2019, che richiama Cass. Pen., Sez. V, n. 13832 del 25.01.2018; Cass. Pen., Sez. I, n. 6325 del 16.01.2015; Cass. Pen., Sez. I, n. 21121 del 02.03.2021). Tale esegesi muoveva dall’ulteriore presupposto che l’adozione dei provvedimenti riguardanti i diritti personali del soggetto sottoposto alla procedura e della sua famiglia, previsti dall’art. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 e dall’art. 47 l. fall., rientrasse nella competenza funzionale del giudice delegato (Cass. Pen., Sez. VI, n. 38264/2019). Oggi, per effetto della richiamata riforma del 2017, pur essendo stato attribuito al giudice delegato il potere di ordinare lo sgombero all’atto del sequestro (provvedimento prima di competenza del tribunale), è il collegio (e non più il giudice delegato) a dover provvedere ai sensi dell’art. 47, comma 2, l. fall. Perché possa emettersi tale provvedimento, non è prevista la celebrazione di un’udienza (camerale) e l’instaurazione del contraddittorio, come non era (e non è) prevista per i provvedimenti in discorso resi dal giudice delegato. La Suprema Corte, fatta la suddetta premessa, ha ribadito che, in relazione all’autorizzazione al proposto o alla sua famiglia a permanere nella casa di abitazione (e all’esame della relativa richiesta), è previsto un doppio apprezzamento di merito e, solo all’esito, il vaglio del giudice di legittimità secondo il seguente modulo procedimentale: il decreto ex art. 47, comma 2, l. fall. (richiamato dall’art. 40, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011) è emesso dal tribunale de plano; avverso tale decreto è consentita l’opposizione, ossia “lo strumento di tutela che in via generale è attivabile contro i provvedimenti sfavorevoli, non altrimenti impugnabili, a garanzia di interessi meritevoli di considerazione” (Cass. Pen., Sez. I, n. 6325/2015), che “garantisce il riesame, nel merito, della decisione impugnata”, ossia “assicura (…) il doppio grado di giurisdizione di merito, che bene si coniuga con l’incidenza di provvedimenti di natura dispositiva su interessi giuridicamente rilevanti e la conseguente necessità di un piano di dispiegamento della tutela giurisdizionale” (Cass. Pen., Sez. I, n. 21121/2021), e che è conforme alla consolidata esegesi resa al riguardo proprio nel settore delle misure di prevenzione.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente qualificato l’atto di opposizione della ricorrente come istanza volta ad ottenere l’autorizzazione ad abitare l’immobile ed il differimento dell’esecuzione dello sgombero ex art. 40, comma 2-bis, d.lgs. n. 159/2011.