A cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione IV, sentenza n. 1110 del 23.11.2023 depositata il 02.02.2024

La Quarta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1110 depositata il 02.02.2024 ha stabilito che, alla stregua del principio “chi inquina paga”, l’Amministrazione non può imporre al proprietario di un’area inquinata, che non sia anche l’autore dell’inquinamento, l’obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, di cui all’art. 240, comma 1, lett. m) e p), d.lgs. n. 152/2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall’art. 253 d.lgs. n. 152/2006, in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare.

La fattispecie sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato riguarda un ricorso avente ad oggetto il procedimento di bonifica relativo ad un sito produttivo ubicato nella zona industriale di Caivano di cui la società (…) non era più proprietaria avendolo venduto a terzi. La ricorrente riferiva che, nel periodo in cui era proprietaria, aveva avviato spontaneamente il procedimento di bonifica del sito, essendo quest’ultimo inquinato da solventi clorurati non riconducibili al proprio ciclo produttivo. Nonostante la vendita del sito e l’assenza di responsabilità, il provvedimento amministrativo che ordinava la sottoposizione del sito a bonifica veniva indirizzato alla ricorrente che, dunque, proponeva ricorso.

Secondo il Consiglio di Stato, le disposizioni contenute nel Titolo V della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006 (artt. da 239 a 253) operano una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell’inquinamento e quella del proprietario del sito, che non abbia causato o concorso a causare la contaminazione (Cons. Stato, Ad. Plen., 13/11/2013, n. 25). A tal riguardo, il Collegio ha ricordato che l’impossibilità di imporre le opere di bonifica al proprietario di un terreno inquinato non responsabile del relativo inquinamento è stata affermata a partire dalla nota sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. III, 4/03/2015, C 534-13 (su ordinanza di rinvio pregiudiziale dell’Adunanza Plenaria del 13/11/2013, n. 25). La sentenza della Corte di Giustizia, in particolare, ha chiarito che: “La direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione”. La successiva giurisprudenza nazionale, nel tentativo di ulteriormente sviluppare l’assunto della Corte di Giustizia, è giunta ad affermare l’impossibilità di imporre le misure di bonifica al proprietario non responsabile della contaminazione, traendo principale argomento dalla natura sanzionatoria di questa misura. In tale ottica ricostruttiva, si è tuttavia osservato che analogo ragionamento non può valere anche con riferimento alle misure di messa in sicurezza di emergenza, le quali, così come le misure di prevenzione, non hanno analoga natura sanzionatoria, ma preventiva e cautelare, trovando fondamento nel principio di precauzione e nel correlato principio dell’azione preventiva, e, in quanto tali, possono gravare sul proprietario (o detentore) del sito da cui possano scaturire i danni all’ambiente solo perché egli è tale, senza necessità di accertarne il dolo o la colpa (in questi termini, per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2021, n. 1658; Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2019, n. 81; Cons. Stato, Sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089; Cons. Stato, 14 aprile 2016, n. 1509). In base a tale consolidato orientamento, il proprietario del terreno sul quale sono depositate sostanze inquinanti, che non sia responsabile dell’inquinamento (c.d. proprietario incolpevole) e che non sia stato negligente nell’attivarsi con le segnalazioni e le denunce imposte dalla legge, è, pertanto, tenuto solo ad adottare le misure di prevenzione, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza definitiva, bonifica e ripristino gravano sul responsabile della contaminazione, ossia su colui al quale – per una sua condotta commissiva od omissiva – sia imputabile l’inquinamento. Qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda agli adempimenti dovuti, la P.A. competente può adottare d’ufficio gli accorgimenti necessari e, se del caso, recuperare le spese sostenute attraverso un’azione di rivalsa verso il proprietario, il quale risponde nei soli limiti del valore di mercato del sito dopo l’esecuzione degli interventi medesimi (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2018, n. 502; Cons. Stato, Sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5604). Ne discende che il proprietario non responsabile dell’inquinamento – nell’accezione prima chiarita – è tenuto, ai sensi dell’art. 245, comma 2, d.lgs. n. 152/2006, ad adottare esclusivamente le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 152/2006 (ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia”) e le misure di messa in sicurezza d’emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale. Tali consolidati principi non possono, nondimeno, trovare applicazione nel caso in cui, così come avvenuto nella fattispecie in esame, il proprietario, ancorché non responsabile, ha attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale. In tale caso, infatti, la fonte dell’obbligazione del proprietario incolpevole va rinvenuta, come correttamente affermato dal primo giudice, nell’istituto della gestione di affari non rappresentativa. Secondo l’art. 2028 c.c., infatti, colui che, scientemente e senza esservi tenuto, assume la gestione di un affare altrui ha l’obbligo di proseguirla fino a quando l’interessato possa provvedervi da sé stesso.


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DANNO AMBIENTALE E BONIFICHE: IL CONSIGLIO DI STATO SI ESPRIME SUGLI OBBLIGHI GRAVANTI SUL PROPRIETARIO DI UN’AREA INQUINATA

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