A cura di Rossella Ceccarini
T.A.R. PER LA SARDEGNA, Sezione I, sentenza n. 204 del 06.03.2024 depositata l’11.03.2024
La Sezione Prima del T.A.R. per la Sardegna, con la sentenza n. 204 depositata l’11 marzo 2024, ha stabilito che, in ordine agli eventi potenzialmente oggetto di iscrizione, l’Autorità è chiamata unicamente a valutare la conferenza della notizia rispetto alle finalità di tenuta del Casellario informatico, nonché l’utilità della stessa quale indice rivelatore di inaffidabilità dell’operatore economico attinto dall’annotazione, giammai potendo sostituirsi alle stazioni appaltanti nella valutazione circa la portata escludente, in concreto, dell’evento iscritto.
Con la sentenza n. 204 il T.A.R. ha respinto il ricorso di un raggruppamento di imprese escluse da una procedura negoziata telematica volta alla conclusione di un accordo quadro, ai sensi dell’art. 59, comma 3, d.lgs. n. 36/2023. Il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1, lett. e), e 98 d.lgs. n. 36/2023, poiché la stazione appaltante ha ritenuto integrato da parte degli operatori un grave illecito professionale che ha condotto all’adozione del provvedimento di risoluzione del precedente contratto per gli stessi lavori e per lo stesso lotto. Secondo il T.A.R. la causa di esclusione non automatica, nel nuovo Codice dei contratti, è dunque riconducibile alla sussistenza di un grave illecito professionale, che è da considerarsi integrato, ai sensi del nuovo art. 98, comma 2, cod. contratti, al ricorrere delle seguenti condizioni: elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale; idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; adeguati mezzi di prova di cui al comma 6. Nell’ambito dell’elencazione tassativa di cui all’art. 98, comma 3, cod. contratti, l’illecito professionale, ai sensi della lett. c), si desume dalla “condotta dell’operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento”, costituendo adeguato mezzo di prova, nell’elenco di cui al comma 6, proprio “l’intervenuta risoluzione per inadempimento”. Premessa perciò, ai sensi della nuova disciplina e superando la previgente impostazione, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati dal comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’Amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico. In continuità con gli approdi giurisprudenziali maturati nella vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, è una sanzione la cui operatività, lungi dall’essere rimessa a rigidi automatismi, è piuttosto legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante. Sotto questo profilo, il T.A.R. ha osservato che il nuovo Codice dispone all’art. 98, comma 4, quanto agli elementi costituenti un grave illecito professionale, che “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione (…)” e prevede all’art. 98, comma 7, circa i mezzi di prova di cui al comma 6, che l’Amministrazione motiva “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”. Tali indicazioni costituiscono, evidentemente, in senso innovativo, i parametri esterni di valutazione della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante per come esternato nella motivazione. Ciò posto, in relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità si è anche di recente ribadito che “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale”. Rispetto a tale valutazione, il sindacato del giudice amministrativo è circoscritto al rilievo di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, erroneità e irragionevolezza della ridetta valutazione. Secondo il Giudice Amministrativo, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto, perciò, sotto il profilo giuridico, nella lettura e interpretazione dell’art. 98 cod. contratti alla luce del generale principio della fiducia, innovativamente introdotto all’art. 2 d.lgs. n. 36/2023, con particolare riferimento al comma 2, ove si dispone che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”. E dunque, in coerenza con la funzione interpretativa del principio in parola, non può che concludersi che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.
Nel caso sottoposto all’esame del T.A.R., per quanto riguarda la motivazione resa dalla stazione appaltante a sostegno dell’esclusione, essa ha evidenziato ai sensi dell’art. 98, comma 3, lett. c), cod. contratti l’abbandono del cantiere e il rifiuto serbato di eseguire nuovi e diversi ordini di servizi, per un totale di O.D.L. rimasti inevasi pari a circa n. 920 interventi. In relazione all’obbligo di motivazione di cui al già richiamato art. 98, comma 4, cod. contratti circa la valutazione di gravità che tenga conto dei beni giuridici lesi e del tempo trascorso, la stazione appaltante ha evidenziato che la condotta “lede una molteplicità di beni giuridici tutelati dall’ordinamento. Sotto il profilo squisitamente privatistico, risulta evidente la lesione del principio di buona fede, il quale sorregge i rapporti tra Stazione Appaltante e appaltatore, anche (e soprattutto) in sede di esecuzione della commessa pubblica. Sotto il profilo pubblicistico, i beni lesi risultano essere, oltre alla solidarietà sociale sottesa al principio di buona fede così apertamente violato da codesto operatore, anche gli interessi pubblici che governano la legislazione sugli appalti pubblici”. Alla luce del richiamato compendio motivazionale, secondo il Giudice Amministrativo, deve evidenziarsi che la motivazione del provvedimento di esclusione sottende una valutazione plausibile e scevra da profili di irragionevolezza in ordine all’integrità e affidabilità dell’operatore, ancorata a dati fattuali oggettivi, come tali idonei a superare le contestazioni mosse dalla ricorrente, fondate sulla pretestuosità dell’esclusione. In tal senso, infatti, ha concluso il T.A.R., la motivazione sopra richiamata è conforme alle prescrizioni dell’art. 98 cod. contratti, poiché individua chiaramente le condotte addebitate all’operatore economico e il provvedimento di risoluzione del precedente contratto che ne è conseguito quale mezzo di prova adeguato ex lege.