A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V, sentenza n. 12715 del 07.12.2023 depositata il 27.03.2024

La Quinta Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12715 del 7 dicembre 2023 depositata il 27 marzo 2024, ha stabilito che in tema di bancarotta fraudolenta, ai fini dell’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto, può essere valorizzato l’esercizio, in modo continuativo e significativo, e non meramente episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione o anche soltanto di alcuni di essi, secondo una valutazione degli “indicatori di capacità gestionale” dei quali spetta al giudice di merito valutare la pregnanza in concreto.

La questione portata al vaglio della Suprema Corte riguarda un ricorso avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Firenze che, in parziale riforma della decisione di primo grado emessa dal G.U.P. del Tribunale di Pistoia, aveva dichiarato l’imputato responsabile per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale nella sua qualità di amministratore di fatto dell’impresa (…) s.r.l. dichiarata fallita. Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso dal condannato che deduceva violazione di legge e vizio di motivazione quanto all’affermazione della sua responsabilità come amministratore di fatto della fallita nonché violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Gli Ermellini, nel respingere il ricorso, hanno richiamato il condivisibile principio secondo cui la nozione di amministratore di fatto, introdotta dall’art. 2639 c.c., postula l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l’esercizio di tutti i poteri propri dell’organismo di gestione, ma richiedono l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale (C. Cass., Sez. V, n. 35346 del 20.06.2013; successivamente, sia pur con vari accenti interpretativi dovuti alle differenze di fattispecie, hanno ribadito il principio, tra le pronunce massimate: C. Cass., Sez. III, n. 22108 del 19.12.2014; C. Cass., Sez. V, n. 45134 del 27.06.2019; C. Cass., Sez. II, n. 26556 del 24.05.2022). Secondo la Suprema Corte la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce, quindi, nell’accertamento di capacità gestionale, vale a dire di elementi sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società (rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti), ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, e tale accertamento costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione. Soprattutto, spetta al giudice di merito valutare la pregnanza, ai fini dell’attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati.


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BANCAROTTA FRAUDOLENTA: AI FINI DELLA QUALIFICA DI AMMINISTRATORE DI FATTO VALGONO GLI “INDICATORI DI CAPACITA’ GESTIONALE”

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