CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V Penale, sentenza n. 14047 del 13.02.2024 depositata il 05.04.2024
La Sezione Quinta della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 14047 deposita il 5 aprile 2024, accogliendo il ricorso con rinvio, ha stabilito che, anche con riferimento alla disciplina sulla responsabilità degli enti, il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca richiede una specifica motivazione in ordine alle ragioni per le quali i beni suscettibili di apprensione potrebbero, nelle more del giudizio, essere modificati, dispersi, deteriorati, utilizzati o alienati, tenendo conto della tipologia dei beni presenti nel patrimonio del destinatario della confisca, senza che, tuttavia, le esigenze cautelari possano essere desunte esclusivamente dall’incapienza del patrimonio rispetto al presumibile ammontare della confisca.
Il caso sottoposto la vaglio della Suprema Corte riguarda un’ordinanza emessa dal Tribunale di Macerata che, pronunciando in sede di rinvio, rigettava la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo del profitto, derivante dall’illecito amministrativo di cui all’art. 24 d.lgs. n. 231/01 in relazione ai delitti presupposto di indebita percezione di erogazioni, truffa ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture, affermando che «l’attuale capienza del patrimonio non garantisce nulla sulla concreta possibilità che nelle more del giudizio lo stesso possa essere distolto». Tale ordinanza veniva impugnata dalla società ricorrente deducendo violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza in re ipsa delle esigenze cautelari sottese al sequestro del profitto di reato.
La Suprema Corte ha affermato che l’ordinanza impugnata ha aderito ad un indirizzo minoritario secondo cui, nei casi in cui è prevista un’ipotesi di confisca obbligatoria, il sequestro può essere legittimamente emesso sulla base del mero presupposto della confiscabilità del bene, senza alcuna ulteriore specificazione in ordine alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio (Cass. pen., Sez. VI, n. 12513 del 23/2/2022, Grandis, Rv. 283054).
La giurisprudenza maggioritaria è concorde, invece, nel ritenere che il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, debba contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare – nel rispetto dei criteri di adeguatezza e proporzionalità della misura reale – alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio. Si tratta di una conclusione fondata sui principi affermati dalle Sezioni Unite (sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Eliade, Rv. 281848), secondo cui “nessun utile parametro può (…) essere rappresentato dalla qualificazione formale della confisca come obbligatoria (per la quale, secondo l’indirizzo ricordato, nessun obbligo motivazionale si porrebbe) o, invece, come facoltativa (per la quale sola, invece, il giudice sarebbe tenuto a motivare). Tale principio, affermato in relazione alle ipotesi del sequestro finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto del reato, deve ritenersi ancor più necessitato lì dove, come nel caso di specie, il sequestro è stato emesso a carico di una società nei cui confronti si procede per la responsabilità amministrativa da reato. Nel sottosistema punitivo disegnato dal D.Lgs. n. 231 del 2001, la confisca è espressamente qualificata quale sanzione (ai sensi degli artt. 9, lett. c e 19), sicché il sequestro finalizzato alla confisca si traduce in una vera e propria anticipazione del trattamento sanzionatorio, prima ancora che si pervenga all’accertamento definitivo della responsabilità dell’ente”.
In sostanza – ha affermato la Corte nella decisione in commento – per disporre il sequestro preventivo, ex art. 53 d.lgs. n. 231/2001, a carico di enti o società, anche se finalizzato all’assunzione della successiva confisca obbligatoria ex art. 19 d.lgs. n. 231/2001, non è ammesso il ricorso a “presunzioni”: la verifica delle esigenze cautelari (id est del periculum in mora) deve essere rigorosa. Principi, questi, che devono trovare conferma, a maggior ragione, per i sequestri a carico di società o enti (sul punto si veda anche Cass. pen., Sez. II, n. 47640 del 21/09/2023). Secondo gli Ermellini, le Sezioni Unite con la sentenza “Ellade” non hanno espressamente esaminato l’applicabilità dei principi affermati, in tema di onere motivazionale relativamente al periculum in mora, con riguardo al sequestro preventivo nel procedimento a carico degli enti. Tuttavia, i principi affermati, stante la loro valenza generale, devono necessariamente essere attuati anche nel contesto normativo disegnato dall’art. 53 d.lgs. n. 231/2001. La necessità di subordinare il sequestro ex art. 53 anche alla sussistenza del periculum in mora, sulla base di un’adeguata motivazione, è ancor più pressante nel regime della responsabilità degli enti, nel quale la confisca, e quindi il sequestro ad essa finalizzato, possono assumere una tale incidenza da produrre effetti irreversibili rispetto alla sopravvivenza stessa dell’ente, come avviene nel caso in cui il vincolo cautelare venga apposto su risorse patrimoniali talmente ingenti da determinare la sostanziale impossibilità della prosecuzione dell’attività aziendale. Analoghe considerazioni valgono nel caso in cui il sequestro finalizzato alla confisca ricada direttamente sul compendio aziendale, posto che in tali ipotesi si può pervenire alla anticipata sottrazione dei beni strumentali per la prosecuzione dell’impresa, con il rischio di pregiudicare definitivamente la continuità della stessa, il che realizzerebbe indirettamente il medesimo effetto riconosciuto alle ben più gravi misure cautelari interdittive. Inoltre, l’incidenza del sequestro finalizzato alla confisca, proprio in considerazione della peculiarità della responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001 e della sua tendenziale applicazione rispetto ad attività imprenditoriali, è tale da richiedere garanzie rafforzate e non certo inferiori rispetto a quanto previsto in generale per il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p.