a cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 4707 dell’08.02.2024 depositata il 28.05.2024

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4707 depositata il 28 maggio 2024, richiamando un’ormai consolidata giurisprudenza (tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 16 giugno 2023, n. 5964; Cons. Stato, Sez. III, 22 maggio 2023, n. 5024; Cons. Stato, Sez. III, 27 dicembre 2019, n. 8882; Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105; Cons. Stato, Sez. III, 20 febbraio 2019, n. 1182), ha affermato che l’informativa antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa.

La questione trae origine dalla richiesta di riforma di una sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Sezione Prima che aveva respinto il ricorso avverso l’informativa interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Napoli nei confronti di una società attiva nei servizi di vigilanza, scorte per trasporto valori, piantonamento fisso e sorveglianza generale. Il T.A.R. campano aveva motivato il rigetto del gravame richiamando le circostanze indiziarie e gli elementi di indagine ritenuti dalla Prefettura partenopea sintomatici di un pericolo di condizionamento mafioso dell’impresa. Proponeva appello la (…), escludendo qualsiasi tipo di collegamento, di cointeressenza o di contatto tra (…) – soggetto incensurato – e (…) e lamentando l’assenza di elementi indicativi di un effettivo pericolo di influenza mafiosa dell’impresa, essendosi l’interdittiva basata sulla pendenza di un’inchiesta penale archiviata per l’assenza di contatti con la criminalità organizzata.

Secondo il Consiglio di Stato, il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza “oltre ogni ragionevole dubbio”, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non” il pericolo di infiltrazione mafiosa. La funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi (Cons. Stato, Sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758). Nella declinazione applicativa fatta dell’istituto in commento, la misura interdittiva – essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata – non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa sussistere il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata (Cons. Stato, Sez. III, 11 aprile 2022, n. 2686).

Nel caso di specie, il coacervo di elementi fattuali indicato è stato correttamente ritenuto dal Prefetto sufficiente a fondare la prognosi del pericolo di permeabilità criminale dell’impresa, con un giudizio – come si è detto – connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell’informativa antimafia rimane estraneo l’accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Cons. Stato, n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. Stato, n. 7260 del 2010).


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INFORMATIVA ANTIMAFIA: VALUTAZIONE DISCREZIONALE DEL PERICOLO DI INFILTRAZIONE MAFIOSA

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