a cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione V Penale, sentenza n. 22978 del 21.03.2024 depositata il 06.06.2024
La Quinta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22978 del 21 marzo 2024 depositata il 6 giugno 2024, ha chiarito che non rileva, per la sussistenza del delitto di bancarotta fraudolenta impropria da operazioni dolose, la mera circostanza che l’amministratore della società fallita abbia accumulato debiti per scelte errate, dovendo distinguersi l’aggravamento del dissesto conseguente ad operazioni dolose dall’aumento del passivo dovuto a scelte gestionali rivelatesi ex post errate e quindi dovute a comportamenti incolpevoli o anche solo colposi, poiché altrimenti il delitto coinciderebbe con la mera causazione dello stato di insolvenza e sussisterebbe in relazione a tutte le dichiarazioni di fallimento.
Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguarda un ricorso avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Napoli che aveva parzialmente riformato una sentenza del G.I.P. del Tribunale di Napoli Nord che, all’esito di un giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di (…) per le condotte di bancarotta fraudolenta documentale (capo B) e di bancarotta fraudolenta impropria per effetto di operazioni dolose (capo C), ritenendo assorbita in quest’ultima condotta quella di bancarotta fraudolenta patrimoniale contestata al capo A) e, applicate le circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sull’aggravante dei fatti di bancarotta e sull’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità e ritenuta la continuazione tra i reati, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia. Avverso la sentenza di secondo grado proponeva ricorso l’imputato lamentando violazione degli artt. 216, comma 1, e 223, comma 2, r.d. n. 267/1942, violazione dell’art. 219, comma 1, r.d. n. 267/1942 nonché carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine all’omessa applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Gli Ermellini, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, hanno evidenziato come la stessa Sezione della Corte di Cassazione (sentenze n. 24752 del 19.02.2018, n. 15281 dell’08.11.2016, n. 47621 del 25.09.2014, n. 29586 del 15.05.2014, n. 12426 del 29.11.2013) abbia affermato che, per integrare le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l.fall., sia necessario un sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali. Solo il carattere sistematico dell’omissione vale ad individuare tale comportamento quale frutto di una consapevole scelta gestionale finalizzata ad utilizzare l’inadempimento delle obbligazioni tributarie e contributive quale anomalo strumento di autofinanziamento nella previsione che l’aumento del debito, collegato all’irrogazione delle sanzioni per l’inadempimento, determinerà un aggravio dell’esposizione debitoria e quindi del dissesto.