a cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, sentenza n. 30604 del 20.06.2024 pubblicata il 25.07.2024

La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30604 pubblicata il 25 luglio 2024, ha affrontato alcune questioni controverse in merito all’istituto dell’applicazione della pena nell’ambito del procedimento a carico degli enti ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, affermando che l’accordo sulla pena concluso senza determinare l’importo della confisca sul profitto dell’illecito commesso dall’ente non può essere recepito dal giudice attraverso l’unilaterale determinazione della confisca, poiché l’accordo deve riguardare tutte le sanzioni conseguenti all’illecito, in tal modo evitando che l’ente – dopo aver concordato le sanzioni pecuniarie e interdittive – si veda esposto all’applicazione di una confisca avente connotati particolarmente afflittivi e in relazione alla quale non ha avuto alcuna possibilità concreta di interlocuzione.

Secondo la Suprema Corte, il sistema sanzionatorio delineato dal d.lgs. n. 231/2001 qualifica espressamente la confisca come una delle sanzioni principali, così come previsto dall’art. 9, comma 1, lett. c). La natura di sanzione principale, che la differenzia dalla confisca prevista nel codice penale, è ampiamente riconosciuta dalla giurisprudenza, essendosi affermato che, in tema di responsabilità da reato degli enti, la confisca del profitto del reato prevista dagli artt. 9 e 19 d.lgs. n. 231/2001 si configura come sanzione “principale, obbligatoria ed autonoma”, anche rispetto alle altre previste a carico dell’ente come, ad esempio, quella configurata dall’art. 6, comma 5, d.lgs. n. 231/2001, applicabile solo nel caso difetti la responsabilità della persona giuridica, la quale costituisce invece uno strumento volto a ristabilire l’equilibrio economico alterato dal reato presupposto, i cui effetti sono comunque andati a vantaggio dell’ente (Cass. pen., Sez. Un., 27 marzo 2008, n. 26654).

A fronte della incontroversa natura di sanzione principale della confisca, il tema relativo alla necessità che l’accordo delle parti si estenda o meno anche a tale peculiare sanzione non risulta adeguatamente approfondito.

In dottrina si registrano tre diverse soluzioni. Secondo la tesi più restrittiva, la confisca non potrebbe in alcun caso trovare applicazione a seguito del patteggiamento ex art. 63 d.lgs. n. 231/2001, posto che tale norma indica, quale oggetto dell’accordo, esclusivamente le sanzioni pecuniarie e quelle interdittive, e che l’art. 19 consentirebbe la confisca solo in caso di sentenza di condanna, alla quale non potrebbe equipararsi la sentenza di applicazione della pena. Di contrario avviso, invece, è l’opinione di chi valorizza l’obbligatorietà della confisca e l’equiparazione della sentenza di patteggiamento a quella di condanna, facendone derivare che la confisca deve essere sempre ordinata nel caso di accordo sulla pena e la sua determinazione sarebbe rimessa al giudice, trattandosi di una componente non negoziabile attraverso l’accordo. Infine, propende per una soluzione mediana chi sostiene che la natura di sanzione principale della confisca ne comporterebbe la necessaria inclusione nell’accordo tra le parti, idoneo a vincolare il giudice, salva restando la possibilità per quest’ultimo di rigettare in toto l’accordo ove ritenga l’incongruità del trattamento sanzionatorio.

In giurisprudenza si registra un isolato e risalente precedente secondo cui, con la sentenza di patteggiamento emessa nel procedimento a carico degli enti, il giudice deve sempre applicare anche la sanzione della confisca, eventualmente nella forma per equivalente, del profitto del reato presupposto, essendo irrilevante che la stessa non sia stata oggetto dell’accordo intervenuto tra le parti (Cass. pen., Sez. II, 4 febbraio 2011, n. 20046). Tale soluzione riecheggia l’analogo principio valevole con riguardo alla confisca obbligatoria prevista nei confronti dell’imputato persona fisica, che pure aveva dato luogo a soluzioni difformi. In particolare, deve richiamarsi una sia pur risalente sentenza, riferita alla diversa ipotesi della confisca ex art. 322-ter c.p. (avente natura obbligatoria e per equivalente al pari di quella prevista dall’art. 19 d.lgs. n. 231/2001), secondo cui il giudice non può accogliere la richiesta di applicazione della pena se l’accordo intervenuto tra le parti non comprende anche l’oggetto della confisca prevista per il reato cui il patteggiamento si riferisce, ovvero non consente la determinazione certa dei beni destinati all’ablazione (Cass. pen., Sez. VI, 11 marzo 2010, n. 12508). A livello sistematico, si rileva come l’applicazione della “sanzione” su richiesta deve necessariamente aver riguardo a tutte le tipologie di pena in concreto irrogabili in relazione all’illecito oggetto di patteggiamento, non ravvisandosi ragioni di ordine giuridico per escludere la sola confisca dall’accordo tra le parti. Del resto, l’evoluzione verso forme di concordato volte a determinare l’an e il quantum della confisca emerge anche dalla recente modifica che, in relazione al patteggiamento a carico della persona fisica, è stata introdotta all’art. 444, comma 1, c.p.p., lì dove si prevede che l’imputato e il pubblico ministero possono concordare l’esclusione della confisca facoltativa o ordinarla con riferimento a specifici beni o ad un importo determinato. Nel caso della confisca ex artt. 9 e 19 d.lgs. n. 231/2001, in considerazione della natura obbligatoria, le parti non potranno concordarne l’esclusione, se non nei casi in cui si ritenga che l’illecito non abbia prodotto alcun profitto per l’ente, mentre dovrà sempre rientrare nell’oggetto dell’accordo la quantificazione della misura ablatoria, sia essa diretta o per equivalente. In buona sostanza, l’accordo sulla “sanzione” e, quindi, anche su quella particolare figura costituita dalla confisca, consente alle parti di sottoporre al giudice una proposta che copra l’intero trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 9 cit. Qualora il giudice ritenga che le parti sono addivenute all’erronea esclusione della confisca, individuando l’esistenza di un profitto derivante dall’illecito, ovvero nel caso in cui ritenga incongrua la quantificazione della confisca, dovrà rigettare l’accordo sulla pena. Viceversa, deve escludersi la possibilità che le parti non si accordino sulla confisca, rimettendone la determinazione al giudice, proprio perché in tal modo il patteggiamento risulterebbe parziale, non comprendendo tutte le sanzioni normativamente previste per l’illecito dell’ente.

Quanto detto consente di affermare che i profili della obbligatorietà della confisca-sanzione non vanno confusi con quelli relativi al necessario accertamento in concreto dell’esistenza di un profitto confiscabile e della sua quantificazione. Ne consegue che, nel caso di definizione del giudizio con l’applicazione della pena, le parti dovranno ricomprendere nell’accordo non solo la sanzione pecuniaria e, se prevista, quella interdittiva, in relazione alle quali dovrà anche applicarsi la riduzione premiale per il rito, ma anche la determinazione, nell’an e nel quantum, della confisca, trattandosi di sanzione principale, in relazione alla quale non è prevista alcuna espressa esclusione dall’accordo sulla base dell’art. 63 d.lgs. n. 231/2001. Una volta raggiunto l’accordo, spetterà al giudice verificare non solo l’adeguatezza delle sanzioni pecuniarie e interdittive, ma anche la corrispondenza della confisca concordata al profitto dell’illecito effettivamente conseguito, al netto delle eventuali restituzioni in favore del danneggiato, come previsto dall’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 231/2001. Qualora il giudice ritenga non corretto l’accordo in ordine alla confisca, dovrà rigettare in toto la richiesta di patteggiamento (in senso analogo, con riferimento al patteggiamento ordinario, si veda Cass. pen., Sez. Un., 26 settembre 2019, n. 21368).


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CONFISCA DEL PROFITTO DEL REATO ED APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI NEL D.LGS. N. 231/2001
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