a cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione Terza, sentenza n. 720 del 28.11.2024 pubblicata il 30.01.2025
La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 720 pubblicata il 30 gennaio 2025, si è espressa sui presupposti per l’adozione del provvedimento di sgombero di un immobile confiscato alla criminalità organizzata.
La questione sottoposta all’attenzione del Consiglio di Stato riguarda la richiesta di riforma della sentenza emessa dal T.A.R. per il Lazio – Sezione Prima che ha respinto il ricorso avverso l’ordinanza di sgombero ex art. 2-decies, comma 2, l. n. 575/1965 (trasfuso nell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 159/2011) con cui l’ANBSC aveva ordinato di rilasciare il cespite immobiliare, libero da persone o cose, entro il termine perentorio di 120 giorni dalla data di notifica del provvedimento, con l’avvertimento che, in difetto, si sarebbe proceduto all’immediato sgombero forzoso nei termini di legge.
Secondo il Consiglio di Stato, la cornice giuridica non lascia adito a dubbi circa gli effetti estintivi della confisca rispetto ai diritti reali di godimento e garanzia eventualmente esistenti sul bene. Il provvedimento di sgombero è, per la sua natura, vincolato ai sensi dell’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 159/2011 e dell’art. 823, comma 2, c.c.; il bene acquisito per effetto della confisca assume un’impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, che determinano l’assimilabilità del regime giuridico della res confiscata a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato. Ne consegue che l’ordinanza di sgombero costituisce esercizio necessitato di un potere autoritativo, dovendo l’Agenzia comunque assicurare al patrimonio indisponibile dello Stato i beni stessi per la successiva destinazione a finalità istituzionali e sociali, sottraendoli ai soggetti nei confronti dei quali è stata applicata, in via definitiva, la misura patrimoniale e che, pertanto, il provvedimento non necessita di ulteriore motivazione. In materia, la giurisprudenza amministrativa è assolutamente univoca e costante nell’affermare che “quello dell’Agenzia dei beni confiscati alla criminalità organizzata di ordinare lo sgombero di un immobile confiscato è un ‘potere-dovere’ che non è in alcun modo condizionato dalla previa adozione del provvedimento di destinazione del bene stesso ma risponde ad un interesse concreto alla liberazione dei beni, che viene compiutamente soddisfatto con l’esercizio di un’azione esecutiva complementare ma distinta da quella discrezionale con cui, invece, l’amministrazione decide in ordine all’uso sociale dei medesimi beni mediante il procedimento di destinazione disciplinato dagli artt. 47 ss., D.L.vo n. 159 del 2011; l’ordinanza di sgombero, come congegnata dal legislatore, è riconducibile all’esercizio di un potere vincolato e costituisce un ‘atto dovuto’, strettamente consequenziale rispetto alla confisca definitiva dei beni, da cui consegue un istantaneo trasferimento a titolo originario in favore del patrimonio dello Stato del bene che ne costituisce l’oggetto ex art. 45, comma 1, D.L.vo n. 159” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 13 giugno 2022, n. 4813; Cons. Stato, Sez. III, 12 luglio 2021, n. 5272). Non può, infine, operarsi in questo caso un giudizio di bilanciamento tra l’interesse pubblico e quello privato, proprio perché il legislatore stesso ha ritenuto prevalente l’esigenza di contrastare la criminalità organizzata attraverso l’eliminazione dal mercato (quindi con il provvedimento ablatorio) di un bene di provenienza illecita “destinandolo ad iniziative di interesse pubblico (Cons. Stato, Sez. III, n. 2993 del 2016 e n. 6193 del 2018); pertanto, rispetto all’ordinanza di sgombero non può più affermarsi la necessità di comparare l’interesse pubblico alla acquisizione della disponibilità materiale del bene con quello privato alla conservazione di un immobile, non essendo in capo agli occupanti configurabile una posizione giuridica meritevole di tutela, con riferimento non solo all’an ma anche al momento della consegna (Cons. Stato, Sez. III, n. 6706 del 2018; n. 6193 del 2018 e n. 5669 del 2018), neanche avuto riguardo ad esigenze, pur comprensibili dal punto di vista umano, relative alla presenza di minori, o a particolari condizione di salute dei destinatari del provvedimento di sgombero”. Come già chiarito dai giudici amministrativi (Cons. Stato, Sez. III, 4 gennaio 2024, n. 176) il provvedimento di rilascio non reca alcuna lesione ad un preteso “diritto all’abitazione”, che genericamente si asserisce essere tutelato dalla Costituzione, in considerazione del fatto che l’invocata tutela presuppone un valido titolo di disponibilità del bene, che in questo caso non ricorre, tenuto conto dei puntuali accertamenti che hanno preceduto la confisca (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015, n. 5383). Neppure sussistono problemi di compatibilità della misura di prevenzione con i principi della CEDU, atteso che la stessa giurisprudenza della Corte EDU non riconosce un diritto prevalente del soggetto al quale è stato confiscato il bene in sede di prevenzione a conservare la sua proprietà ed a permanere nell’immobile confiscato con la propria famiglia (cfr. sentenza 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, causa n. 12954/87; Riela c. Italia, causa n. 52439/09), non potendo il soggetto, al quale è stato legittimamente confiscato l’immobile, vantare un diritto inviolabile al proprio domicilio in contrapposizione all’interesse pubblico a contrastare la criminalità organizzata attraverso l’eliminazione dal mercato di un bene di provenienza illecita, destinandolo ad iniziative di interesse pubblico (Cons. Stato, Sez. III, 26 settembre 2022 n. 8310). La Corte EDU ha, infatti, ritenuto che la confisca, come misura di prevenzione, non confligge con le norme CEDU, ma costituisce, semmai, una misura indispensabile per contrastare il crimine (Cons. Stato, Sez. III, n. 5264/2024).