A cura della Redazione

CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 18 del 10 febbraio 2023

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 18 del 10 febbraio 2023 si è pronunciata sull’illegittimità costituzionale dell’art. 37, primo periodo, l. n. 161/2017, in tema di termini di decadenza per la domanda di ammissione del credito nei procedimenti di confisca penale allargata.

La vicenda posta al vaglio della Corte Costituzionale trae origine dalla questione di legittimità costituzionale – attinente agli artt. 3 e 24 Cost. – riferita all’art. 37, primo periodo, l. 17 ottobre 2017, n. 161, recante alcune modifiche al d.lgs. n. 159/2011, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni, sollevata dalla Corte di Cassazione, Sezione prima penale, con ordinanza del 9 febbraio 2022, reg. ord. n. 30 del 2022.

Il GIP del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, con decisione del 6 novembre 2020 aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda ritenuta tardiva promossa da un istituto di credito in qualità di un creditore ipotecario ai sensi dell’art. 1, comma 198 e ss., l. 24 dicembre 2012, n. 228 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013) nell’ambito di una procedura di confisca penale allargata ex art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306. In applicazione dell’art. 1, comma 205, l. n. 228/2012 il GIP ha ritenuto che il termine di decadenza di centottanta giorni per la presentazione della domanda decorresse dalla definitività della confisca, ritendo quello il momento in cui il creditore ne aveva avuto conoscenza legale avendo contezza del provvedimento emesso il 6 luglio 2017, termine ormai inutilmente spirato l’8 maggio 2018 giorno di presentazione della domanda.

Il creditore ed il procuratore speciale del successivo cessionario del credito proponevano ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento, in primis (e in via principale), per la valenza innovativa con efficacia ex nunc e non già di interpretazione autentica dell’art. 37, primo periodo, l. n. 161/2017 e, in secondo luogo, in quanto la data di conoscenza effettiva del provvedimento di confisca sarebbe stata in realtà successiva a quella del 6 luglio del 2017, in modo da rendere comunque tempestiva la domanda proposta, anche a voler ritenere applicabile l’art. 1, comma 205, l. n. 228/2012. La Corte di Cassazione, Sezione I penale, investita della decisione sollevava la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, primo periodo, l. n. 161/2017 in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

La Corte Costituzionale investita della questione, nel confermare la corretta qualifica di interpretazione autentica dell’art. 37, primo periodo, l. n. 161/2017 applicata dal GIP del Tribunale di Bologna, afferma infatti che la disciplina è contemplata dal precedente art. 31 della medesima legge, che ha novellato l’art. 12-sexies d.l. n. 306/1992, come convertito, e che prevede espressamente l’applicabilità delle disposizioni del Codice antimafia, sia quelle in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, sia quelle che concernono la tutela dei terzi creditori. L’art. 37 l. n. 161/2017 stabilisce un distinto e diverso (come tale, nuovo) discrimine temporale, anche per le confische penali allargate, considerando il momento in cui la notizia del reato presupposto è stata iscritta nel registro degli indagati, se prima o dopo l’entrata in vigore del Codice antimafia, in modo da distinguere tra le confische penali più risalenti e quelle “nuove”. La disposizione censurata esibisce un chiaro contenuto innovativo e non può ritenersi, al di là della sua qualificazione, che sia genuinamente di interpretazione autentica. Si tratta, invece, di una disposizione innovativa, pur con portata retroattiva, applicandosi a partire dalla data di entrata in vigore della l. n. 228/2012 (1° gennaio 2013).

In merito alla congruità del termine di decadenza rilevante sul piano della violazione dell’art. 24, comma 1, Cost., la Corte Costituzionale precisa che se, però, non c’è ragione di dubitare della congruità del termine di centottanta giorni al fine della tutela giurisdizionale, non altrettanto può dirsi – al metro di questo stesso – per il termine quando esso risulta, in sostanza, essere ridotto per effetto del possibile computo retroattivo del periodo di tempo anteriore alla legge che l’ha introdotto. E a maggior ragione il parametro è violato nella misura in cui consente, al limite, che il termine, al momento della sua introduzione per legge, sia già interamente decorso in ragione sempre della computabilità retroattiva anche del periodo di tempo anteriore all’entrata in vigore della legge stessa. In tale evenienza, vi sarebbe addirittura un impedimento – ossia la maturata decadenza – all’esercizio della tutela giurisdizionale.


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DOMANDA DI AMMISSIONE DEL CREDITO NEI PROCEDIMENTI DI CONFISCA PENALE ALLARGATA
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