A cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Penale, sentenza n. 15156 del 23.11.2022, depositata il 11.04.2023.

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 15156 depositata il 11.04.2023 ha accolto il ricorso con rinvio stabilendo che, ai fini dell’applicazione del controllo giudiziario volontario, il giudice deve verificare in concreto l’influenza del soggetto pericoloso sull’attività economica occorrendo pertanto l’emersione di dati concretamente rappresentativi dell’esistenza di una simile influenza dal soggetto pericoloso verso l’impresa.

La questione posta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione riguardava il rigetto da parte della Corte di Appello di Catanzaro – in procedura di prevenzione – di un appello avverso il diniego di ammissione al controllo giudiziario su domanda ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 emesso dal Tribunale di Catanzaro basato sulla constatazione di “stabile condizionamento mafioso” derivante dall’influenza sull’attività di impresa di (…) (nonno di …) ritenuto in altri procedimenti soggetto contiguo a cosche di ‘ndrangheta e le imprese familiari sono state ritenute tutte inserite in una strategia unitaria.

Avverso tale decisione veniva proposto ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione di legge e apparenza di motivazione. La Suprema Corte nella motivazione afferma in via preliminare che il Tribunale delle misure di prevenzione è stato individuato dal legislatore come organo giurisdizionale cui spetta l’adozione di provvedimenti tesi all’accertamento (momento cognitivo) ed al contrasto (momento dispositivo) di diverse statuizioni di fatto correlate alla pericolosità sociale. La pericolosità è in primis considerata come condizione soggettiva inerente la persona fisica ma è anche inquadrata come una forma di relazione tra una o più condotte individuali (contra legem) ed i beni patrimoniali riferibili ad un soggetto, o nel senso della avvenuta accumulazione, in forza delle ricadute di condotte vietate, di beni in capo al soggetto pericoloso (con neutralizzazione di simile relazione attraverso le tradizionali misure del sequestro e della confisca) o nel senso della strumentalizzazione di realtà economico/aziendali a fini di incremento o mantenimento di una condizione di potere ed influenza «di mercato» riconducibile alle finalità perseguite da gruppi criminali organizzati (in particolare di stampo mafioso, nel cui ambito la proiezione economica dell’agire rappresenta una delle finalità tipizzate nella previsione incriminatrice di cui all’art. 416-bis c.p.).

Le necessità di contrasto alla pericolosità economica hanno dunque condotto il legislatore del 2017 (l. n. 161) ad incrementare, in sede di misure di prevenzione, la potenzialità applicativa degli strumenti rappresentati – in campo patrimoniale – dall’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche (art. 34) e dal controllo giudiziario delle aziende (art. 34-bis), visti come modalità di intervento potenzialmente alternativo rispetto all’ordinario binomio sequestro/confisca dei beni del soggetto portatore di pericolosità. In tal senso, va ribadito che le disposizioni contenute nell’art. 34 e nell’art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011 vanno ‘lette insieme’ in quanto rappresentano – nelle intenzioni del legislatore – un sistema con pretese di omogeneità, basato sulla necessità di diversificazione della risposta giudiziaria prevenzionale al fenomeno della «contaminazione» dell’attività di impresa da parte della criminalità organizzata.

A tal fine, lì dove non ci si trovi in presenza di una relazione definibile in termini di ‘avvenuto investimento’ da parte del soggetto pericoloso (del profitto delle condotte illecite nei beni) o di una strumentalizzazione funzionale di un’azienda al fine di consentire l’esercizio di attività economica da parte del soggetto appartenente al gruppo criminale (casi tipici di adozione del sequestro in vista della confisca) risulta possibile applicare le misure dell’amministrazione o del controllo, con graduazione dell’intensità dell’intervento giudiziario, in chiave di potenziale «recupero» dell’ente economico ad una diversa condizione operativa, ove si sia constatata l’esistenza: a) di una coartazione di volontà o di un’agevolazione stabile (non propriamente dolosa e/o frutto della coartazione) realizzata dall’azienda verso persone portatrici di pericolosità qualificata (qui va disposta l’amministrazione giudiziaria dei beni utilizzabili per lo svolgimento dell’attività economica, ai sensi dell’art. 34, con modalità gestionali affini a quelle del sequestro tipico); b) di un semplice pericolo di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa (l’agevolazione è occasionale, dunque ‘non perdurante’) con applicazione in tal caso del controllo giudiziario di cui all’art. 34-bis, consistente in una sorta di ‘vigilanza prescrittiva’, nelle forme e con le modalità di cui al comma 2 della medesima disposizione (obblighi di comunicazione di determinate attività o, in alternativa, nomina di un amministratore giudiziario con funzioni di controllo ed eventuali prescrizioni).

Secondo la Corte di Cassazione la particolare misura di prevenzione ex art. 34-bis, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 realizza – in tale ambito – un’ulteriore sotto partizione con caratteri peculiari. In presenza di un primo accertamento, a fini amministrativi, del «tentativo di infiltrazione mafiosa tendente a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa» (art. 84 d.lgs. n. 159/2011), è data all’impresa (che pure contesta il fondamento fattuale dell’interdittiva) la possibilità di adottare un percorso emendativo ricorrendo all’applicazione del controllo giudiziario su domanda. Si configura in tal modo un’alternativa rappresentata dalla «consegna» dell’impresa al Tribunale delle misure di prevenzione, il che comporta l’applicazione di penetranti strumenti di controllo della gestione, di verifica dei flussi di finanziamento, di comunicazione di situazioni di fatto rilevanti, nonché un eventuale obbligo di adottare misure organizzative idonee a prevenire il rischio di infiltrazione mafiosa (secondo il modello normativo di cui all’art. 34-bis, comma 2, lett. b, unico applicabile al controllo volontario). Da quanto sinora detto deriva che ad essere ostativa all’accoglimento della domanda di controllo ‘volontario’ è, da un lato, la constatazione (da parte del Tribunale della prevenzione) dell’esistenza di una condizione di agevolazione «perdurante» dell’impresa a vantaggio di realtà organizzate, inquadrabili come realtà associative di stampo mafioso, se ed in quanto tale condizione – al momento della domanda di ammissione – renda negativa la prognosi di ‘riallineamento’ dell’impresa a condizioni operative di legalità e competitività. Al contempo, è ostativa all’ammissione la constatazione di ‘assenza della relazione’ (anche pregressa) tra azienda ed organizzazione criminale esterna.

È evidente pertanto che la valutazione «autonoma» del Tribunale della prevenzione ai fini di cui all’art. 34-bis, comma 6, pur basandosi sui contenuti dell’informazione prefettizia (e su eventuali allegazioni di parte) deve necessariamente individuare i presupposti fattuali cui l’art. 34-bis, comma 1, ancora l’applicazione dell’istituto, ossia: a) l’esistenza di una relazione tra l’impresa ed i soggetti portatori di pericolosità qualificata; b) l’occasionalità delle forme di agevolazione tra la prima e l’attività dei secondi; c) la prognosi favorevole in termini di ‘efficacia’ del controllo a scongiurare il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose. Pertanto, le ricadute inibitorie dell’avvenuta applicazione di una misura di prevenzione (verso soggetti legati da relazioni al portatore di pericolosità) sono correlate alla verifica in concreto della ‘influenza’ del soggetto pericoloso sull’attività economica, nell’ambito di una procedura basata su fonti cognitive necessariamente specifiche. Occorre pertanto l’emersione di dati concretamente rappresentativi dell’esistenza di simile influenza, dal soggetto pericoloso verso l’impresa.


Visualizza sentenza

 

CONTROLLO GIUDIZIARIO EX ART. 34-BIS, COMMA 6, D.LGS. N, 159/2011 E VERIFICA IN CONCRETO DELL’INFLUENZA DEL SOGGETTO PERICOLOSO SULL’AZIENDA

Lascia un commento