A cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III Penale, sentenza n. 14278 del 23.11.2022, depositata il 05.04.2023
La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 14278 del 23 novembre 2022 depositata il 05.04.2023, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito la sussistenza del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, anche qualora risulti possibile ricostruire il quadro reddituale solo attraverso il reperimento della documentazione mancante presso terzi, a nulla rilevando che tale ricostruzione a posteriori sia agevolata dalle indicazioni dello stesso imputato. Il reato, quindi, è escluso solo nel caso in cui il fatturato possa essere ricostruito in base alla documentazione conservata dall’imprenditore interessato.
La Suprema Corte si è pronunciata su un ricorso presentato da (…) per l’annullamento di una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Trieste che confermava una condanna irrogata dal GUP del Tribunale di Trieste per il reato di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74/2000 (occultamento o distruzione delle fatture emesse negli anni di imposta 2009, 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014). Il ricorrente deduceva l’omessa e/o carente motivazione a seguito di inosservanza dell’art. 220 disp. att. c.p.p., nonché degli artt. 24 e 111 cost., la nullità della sentenza e/o invalidità e/o inutilizzabilità degli atti di indagine nonché la violazione dell’art. 10 d.lgs. n. 74/2000.
La Cassazione afferma che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità, l’impossibilità di ricostruire il reddito od il volume d’affari derivante dalla distruzione o dall’occultamento di documenti contabili non deve essere intesa in senso assoluto e sussiste anche quando è necessario procedere all’acquisizione presso terzi della documentazione mancante o quando a tale ricostruzione si possa pervenire aliunde (Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2019, n. 7051; Cass. pen., sez. III, 2 marzo 2018, n. 41638; Cass. pen., sez. III, 6 dicembre 2016, n. 13212; Cass. pen., sez. III, 18 luglio 2012, n. 36624; Cass. pen., sez. III, 4 giugno 2009, n. 39711). In altri termini, il reato è escluso solo quando il risultato economico delle operazioni prive della documentazione obbligatoria possa essere ugualmente accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore interessato; solo in questo caso manca la necessaria offensività della condotta (Cass. pen., sez. III, 14 novembre 2007, n. 3057; Cass. pen., sez. III, 16 marzo 2016, n. 20748, secondo cui il delitto di cui all’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, tutelando il bene giuridico della trasparenza fiscale, è integrato in tutti i casi in cui la distruzione o l’occultamento della documentazione contabile dell’impresa non consenta o renda difficoltosa la ricostruzione delle operazioni; rimane escluso solo quando il risultato economico delle stesse possa essere accertato in base ad altra documentazione conservata dall’imprenditore e senza necessità di reperire aliunde elementi di prova).
Nel caso in esame risulta, dalle sentenze dei giudici di merito, che la verifica fiscale (che aveva riguardato più anni di attività lavorativa) aveva consentito solo una ricostruzione parziale del volume di affari, resa possibile grazie alle fatture attive rinvenute presso i terzi a seguito degli accertamenti condotti dalla GdF; non tutte però, non essendo stato possibile individuare tutte le numerose fatture emesse nel corso degli anni.