A cura di Rossella Ceccarini

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza n. 101 del 23.05.2023

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 101 del 23 maggio 2023, si è espressa sul commissariamento anticorruzione.

Con ordinanza del 25 luglio 2022, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 2022, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima ter, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 42 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 32, commi 7 e 10, d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, nella l. 11 agosto 2014, n. 114, nella parte in cui, secondo l’interpretazione assunta quale diritto vivente, dispone «la retrocessione degli utili alle stazioni appaltanti» in caso di definitività del provvedimento di informativa antimafia che abbia attinto l’impresa appaltatrice in corso di esecuzione del contratto e che, in ragione della necessità del suo completamento, sia stata sottoposta alla misura della «gestione straordinaria e temporanea». Il T.A.R. Lazio ha riferito di essere chiamato a decidere dell’impugnazione da parte di impresa sottoposta alla gestione commissariale di cui all’art. 32 d.l. n. 90/2014, come convertito, in esito a interdittiva antimafia: a) del provvedimento prefettizio che ha disposto il versamento in favore dell’amministrazione appaltante, anziché in suo favore, degli utili derivanti dall’esecuzione dei contratti affidata alla gestione commissariale e accantonati in apposito fondo vincolato; b) dei relativi atti procedimentali; c) dell’atto generale ad esso presupposto costituito dalle «Quinte linee guida per la gestione degli utili derivanti dalla esecuzione dei contratti d’appalto o di concessione sottoposti alla misura di straordinaria gestione, ai sensi dell’articolo 32 del decreto-legge n. 90/2014» del 16 ottobre 2018 dettate dal Ministero dell’Interno e dall’Agenzia Nazionale Anticorruzione (ANAC), nella parte in cui disciplinano il meccanismo della retrocessione.

Con la sentenza n. 101 del 23.05.2023 la Corte Costituzionale afferma che l’informazione antimafia con effetto interdittivo (artt. 84, 92 e 94 cod. antimafia) è provvedimento rivolto all’imprenditore (individuale o collettivo) con cui il Prefetto attesta (in termini vincolati, al pari della comunicazione antimafia) la sussistenza di un provvedimento definitivo di prevenzione personale emesso dall’autorità giudiziaria o di una sentenza di condanna (definitiva o anche solo in grado di appello) per uno dei delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p., nonché (in termini tipicamente discrezionali), sulla base degli elementi elencati dal legislatore (artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, cod. antimafia), la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Come rilevato dalla Consulta, il provvedimento interdittivo ha natura cautelare e preventiva in funzione di difesa della legalità dalla penetrazione della criminalità organizzata nell’economia (sentenze n. 180 del 2022 e n. 57 del 2020) e determina una particolare forma d’incapacità del destinatario, tendenzialmente temporanea, in riferimento ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione (sentenze n. 118 del 2022 e n. 178 del 2021 che richiamano Cons. Stato, Ad. Ple., sentenza 6 aprile 2018, n. 3). Con specifico riferimento ai contratti pubblici, l’informazione interdittiva: a) costituisce causa di esclusione dalla procedura di evidenza pubblica (art. 80 d.lgs. n. 50/2016 e art. 94 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, recante «Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici»); b) impedisce l’aggiudicazione per riscontro del difetto dei requisiti di capacità a contrarre (in particolare l’efficacia dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32 d.lgs. n. 50/2016 e la sua adozione ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 36/2023); c) preclude alle stazioni appaltanti di stipulare, approvare o autorizzare contratti o subcontratti (art. 94 cod. antimafia); d) nel caso in cui sopravvenga nel corso dell’esecuzione del contratto, a mente degli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, cod. antimafia, le stazioni appaltanti «recedono». Alla regola generale dell’obbligo di recesso (recte: risoluzione), l’art. 94, comma 3, cod. antimafia giustappone l’eccezionale facoltà per le stazioni appaltanti di proseguire il rapporto contrattuale «nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi». Altra deroga all’ordinario obbligo di “scioglimento del rapporto” con la contraente è costituita proprio dall’art. 32, comma 10, d.l. n. 90/2014, come convertito. Tale disposizione prevede che il Prefetto che abbia emesso un’informazione interdittiva, al fine di «assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici», possa adottare diverse misure di sottoposizione dell’impresa appaltatrice ad un regime di “legalità controllata”: il rinnovo degli organi sociali, il sostegno e il monitoraggio dell’impresa con nomina di esperti e la «gestione straordinaria e temporanea dell’impresa» con nomina di amministratori. In particolare, con la gestione straordinaria si attribuiscono agli amministratori prefettizi tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’operatore economico (cosiddetto commissariamento dell’impresa) o solo quelli necessari all’ultimazione della prestazione contrattuale (cosiddetto commissariamento del contratto), ipotesi quest’ultima verificatasi nel giudizio a quo (combinato disposto dei commi 1, lett. b, e 3 dell’art. 32 d.l. n. 90/2014, come convertito, per come modificato dall’art. 12, comma 1, d.l. 10 settembre 2021, n. 121, recante «Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, del Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali», convertito, con modificazioni, nella l. 9 novembre 2021, n. 156). La misura prefettizia cessa in via naturale con l’ultimazione della prestazione contrattuale, ma il legislatore ne prevede la definizione anticipata al sopravvenire di provvedimenti favorevoli all’impresa costituiti dall’annullamento dell’informazione interdittiva, dichiarato con sentenza passata in giudicato, dalla sua sospensione cautelare disposta con ordinanza definitiva (cosiddetto giudicato cautelare), ovvero dall’aggiornamento della predetta informazione in senso liberatorio, ai sensi dell’art. 91, comma 5, cod. antimafia, per il venir meno degli elementi che avevano fondato il riscontro dei tentativi di infiltrazione mafiosa (art. 32, comma 10, d.l. n. 90/2014, come convertito).


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CONTRATTI PUBBLICI E INFORMATIVA ANTIMAFIA

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