A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 6896 del 06.07.2023 depositata il 14.07.2023
Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguarda il ricorso in appello proposto da (…) in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società (…) avverso una sentenza emessa dal TAR Emilia-Romagna, sede di Bologna, che ha respinto i ricorsi per l’annullamento di interdittive antimafia emesse nei loro confronti dal Prefetto di Rimini.
Con sentenza n. 6896 del 06.07.2023, pubblicata in data 14.07.2023, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, nel respingere il ricorso in appello, ha richiamato la consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di interdittiva antimafia che, ai fini della formazione del giudizio di pericolo di esposizione a forme di condizionamento malavitoso delle imprese, distingue nettamente l’area di intervento (e la procedura) amministrativa della prevenzione in funzione di tutela della pubblica sicurezza, che costituisce la soglia di massimo avanzamento della prevenzione, rispetto a quella giudiziaria della repressione dei reati commessi (Corte Cost., sentenze nn. 180 e 118 del 2022, n. 178 del 2021 e n. 57 del 2020; Cons. Stato, Ad. Plen., 6 aprile 2018, n. 3). Altrettanto pacifica è la giurisprudenza che ha chiarito che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (Cons. Stato, Sez. III, 22 maggio 2023, n. 5024; 16 maggio 2023, n. 4856; 29 settembre 2022, n. 9558). Se la logica e la ragion d’essere stessa dell’istituto delle informazioni antimafia consistono nella massima anticipazione, in funzione preventiva, della reazione dell’ordinamento alle prime manifestazioni di possibili tentativi di infiltrazione malavitosa nella conduzione e negli indirizzi dell’impresa, allora è da respingere l’idea che gli sviluppi e le acquisizioni successivi alla data di adozione dell’informativa interdittiva, emersi e acquisiti nella sede penale e del controllo giudiziario, possano o debbano essere posti a raffronto con le considerazioni e i giudizi in precedenza espressi dal Prefetto e fungere da parametro di giudizio ex post della legittimità dell’interdittiva stessa. Consegue da queste premesse che il comune e generale principio processuale secondo cui il giudizio di legittimità dell’atto amministrativo deve essere svolto con riferimento al contesto fattuale e giuridico del momento della sua adozione deve valere in modo particolarmente netto per il giudizio sulle informazioni interdittive antimafia, e ciò, come detto, proprio in ragione dell’essenza sostanziale di tale tipologia di atti, ossia in ragione della loro natura cautelare e preventiva, di massima anticipazione della risposta dell’ordinamento rispetto a possibili pericoli di infiltrazione malavitosa nell’attività delle imprese osservate. Ed invero, ciò che retrospettivamente può perdere di consistenza o rivelarsi non assistito da sufficienti basi probatorie, ben può, invece, se considerato dall’angolo prospettico anticipatorio della Prefettura e nel momento temporale dell’adozione della misura interdittiva, risultare più che sufficiente a sorreggere la logicità, la razionalità e dunque la legittimità della misura adottata. È nota infatti, per pacifica giurisprudenza, la incomparabile eterogeneità che separa il profilo indiziario sufficiente ai fini delle informazioni antimafia e il livello probatorio, al di là di ogni ragionevole dubbio, che deve invece sorreggere il giudizio penale. La separatezza e autonomia dei due procedimenti trova un’ulteriore conferma nelle recenti pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenze nn. 6, 7 e 8 del 13 febbraio 2023) che, nel negare la sospensione del giudizio sull’interdittiva antimafia nelle more del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice antimafia), ha nettamente distinto i due procedimenti, osservando come, sul piano funzionale e teleologico, “l’interdittiva svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell’economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo ‘statico’, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell’autorità prefettizia rivolti al passato”.
Naturalmente le sopravvenienze rilevano prospetticamente de futuro, in quanto premessa e presupposto di una ragionevole revisione, da parte della competente Autorità prefettizia, della posizione dell’impresa prevenuta, essendo espressamente previsto dalla normativa di settore l’aggiornamento periodico, anche su domanda di parte (art. 91, comma 5, ultimo periodo, cod. antimafia: “Il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa”).