A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, sentenza n. 7317 del 13.07.2023 depositata in data 26.07.2023
La Sesta Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 7317 del 13.07.2023 depositata il 26.07.2023 nel rigettare l’appello proposto da (…) s.p.a. avverso una sentenza emessa dal T.A.R. per il Piemonte ha statuito il principio secondo cui i contributi (nelle specie, agevolazioni per le piccole e medie imprese) sono erogabili solo se il beneficiario è in regola con la normativa antimafia e gli stessi devono essere revocati nel caso in cui un’interdittiva antimafia venga emessa successivamente all’erogazione del contributo stesso. Nel caso di specie, a seguito di comunicazione di esistenza di un’informativa antimafia emessa dal Prefetto di Torino nei confronti della società (…), la Banca del Mezzogiorno avviava un procedimento di revoca delle agevolazioni concesse effettivamente poi revocate con successivo provvedimento.
Nella motivazione della sentenza il Consiglio di Stato ha ricordato che, per quel che riguarda specificamente la normativa antimafia applicabile alla fattispecie, l’art. 83 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, stabilisce che occorre acquisire la documentazione antimafia (comunicazione antimafia e informazione antimafia) prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell’art. 67 tra i quali figurano (lett. g) contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali. La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di affermare che l’interdittiva antimafia è provvedimento amministrativo al quale deve essere riconosciuta natura cautelare e preventiva, in un’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost. (Cons. Stato, Ad. Plen., sentenza n. 3 del 2018). L’interdittiva antimafia costituisce una misura volta – ad un tempo – alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica Amministrazione. Tale provvedimento, infatti, mira a prevenire tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese, volti a condizionare le scelte e gli indirizzi della Pubblica Amministrazione, e si pone in funzione di tutela sia dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, riconosciuti dall’art. 97 Cost., sia dello svolgimento leale e corretto della concorrenza tra le stesse imprese nel mercato, sia, infine, del corretto utilizzo delle risorse pubbliche. A tali fini, il provvedimento esclude che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni (sia cioè da queste da considerarsi come “affidabile”) e possa essere, di conseguenza, destinatario di “contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”. Il provvedimento di c.d. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio c.d. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione. Si tratta di un’incapacità giuridica prevista dalla legge a garanzia di valori costituzionalmente garantiti e conseguente all’adozione di un provvedimento adottato all’esito di un procedimento normativamente tipizzato e nei confronti del quale vi è previsione delle indispensabili garanzie di tutela giurisdizionale del soggetto di esso destinatario. In sostanza, ciò che, in contemperamento della pluralità di esigenze connesse alla tutela di interessi pubblici e privati, viene effettuato dai soggetti di cui all’art. 83 d.lgs. n. 159/2011 (rilascio di autorizzazioni o concessioni, erogazione di contributi e simili, stipulazione di contratti) avviene sotto la rigida condizione dell’accertamento della stessa capacità del soggetto privato ad essere parte del rapporto con la Pubblica Amministrazione, con la ovvia conseguenza che – laddove per il tramite dell’informazione antimafia interdittiva tale capacità venga accertata come insussistente – non possono che manifestarsi in termini di nullità sia i provvedimenti amministrativi rilasciati (per difetto di un elemento essenziale dei medesimi, ex art. 21-septies l. n. 241/1990), sia il contratto stipulato con soggetto incapace. Giova precisare che ciò che consegue all’interdittiva antimafia non costituisce un “fatto” sopravvenuto che determina la revoca del provvedimento emanato ovvero la risoluzione del contratto per factum principis, bensì il (pur tardivo) accertamento dell’insussistenza della capacità del soggetto ad essere parte del rapporto con l’Amministrazione Pubblica: quella incapacità che – laddove fosse stata, come di regola, previamente accertata – avrebbe escluso in radice sia l’adozione di provvedimenti sia la stipula di contratti. Le informative prefettizie sono funzionali all’esigenza di mantenere un atteggiamento fermo ed intransigente contro rischi di infiltrazione mafiosa, condizionanti le scelte delle imprese aspiranti a vario titolo (nel caso di specie: contributi e finanziamenti) all’utilizzo di risorse della collettività; è pertanto legittimo il provvedimento di revoca del finanziamento erogato in precedenza, qualora il quadro indiziario emerso dalle informative antimafia sia tale da lasciare intravedere il pericolo di infiltrazioni malavitose all’interno dell’impresa beneficiaria.