A cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite Penali, sentenza n. 8052 del 26.10.2023 depositata il 23.02.2024
Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione con sentenza n. 8052 del 26 ottobre 2023 depositata il 23 febbraio 2024 hanno stabilito che: “il divieto previsto dall’art. 240-bis c.p., introdotto dall’art. 31, L. 17 ottobre 2017, n. 161, di giustificare la legittima provenienza dei beni oggetto della confisca c.d. allargata o del sequestro ad essa finalizzato, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, si applica anche ai beni acquistati prima della sua entrata in vigore ad eccezione di quelli acquisiti nel periodo tra il 29 maggio 2014, data della pronuncia delle Sezioni Unite n. 33451/2014 ric. Repaci, e il 19 novembre 2017, data di entrata in vigore della legge n. 161 del 2017”.
Stante il contrasto giurisprudenziale delle Sezioni semplici della Corte, dove erano emersi due diversi indirizzi in ordine all’applicabilità del divieto indicato anche ai fini della prova della legittima provenienza dei beni acquisiti anteriormente all’entrata in vigore della citata legge, la Sezione Sesta Penale della Suprema Corte di Cassazione aveva rimesso tale contrasto alle Sezioni Unite Penali ai sensi dell’art. 618, comma 1, c.p.p., affinché risolvessero il seguente quesito: “se per il soggetto destinatario di un provvedimento di confisca “allargata” (o di sequestro finalizzato a tale tipo di confisca) il divieto – già stabilito dall’articolo 12-sexies, comma 1, del Dl 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come sostituito dall’articolo 31 della legge n. 161/2017 e oggi previsto dall’articolo 240-bis, comma 1, Cp – di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, valga anche per i cespiti acquistati prima del 19 novembre 2017, ossia prima del giorno di entrata in vigore dell’articolo 31 della legge n. 161 del 2017”.
Le Sezioni Unite hanno stabilito che, al fine di individuare la norma processuale penale applicabile tra quelle interessate da un fenomeno successorio ovvero l’ambito applicativo di una norma processuale penale sopravvenuta, l’operatività del principio tempus regit actum può essere mitigata, temperata, in ragione della necessità di dare attuazione alle esigenze sottese ai plurimi principi di rilievo costituzionale (artt. 2, 13, 24 e 111 Cost., nonché 1, 6 Cedu) e, in particolare, alla tutela dell’affidamento dei consociati sull’assetto di una determinata base legale, stabilizzata dal diritto vivente. Viene in rilievo un’operazione valoriale dell’interprete di conformazione prudente, volta, da una parte, ad assicurare tutela ai diritti dell’individuo, effettività al diritto di difesa, prevedibilità di una ragionevole decisione, e, per converso, ad evitare che, attraverso l’introduzione di norme processuali incidenti in senso peggiorativo sull’accertamento della “responsabilità” in senso lato, si realizzino fenomeni di retroattività incontrollata e diminuzioni di garanzie per chi ha ragionevolmente confidato nell’assetto normativo precedente al novum processuale. Un’applicazione del principio tempus regit actum temperata anche per le forme di punizione non penale. Tali principi valgono anche in relazione ad una fattispecie complessa come quella della confisca allargata. Rispetto ad una norma sopravvenuta a carattere prettamente processuale e peggiorativa per il condannato del precedente – stabilizzato – assetto legale, la necessità di individuare un principio capace di contemperare il tempus regit actum con le esigenze sottese ai principi costituzionali di cui si è detto discende dalla stessa struttura della fattispecie ablatoria, in cui la valutazione sulla illecita accumulazione in rem è sempre temporalmente di durata, può attenere ad un segmento temporale ampio e ha carattere scomposto. La confisca allargata, pur non avendo natura strettamente “penale”, è caratterizzata per il riferirsi ad una concatenazione di atti e fatti collocati in tempi diversi, rispetto ai quali occorre avere riguardo all’affidamento della parte di potersi difendersi “provando” al fine di superare la presunzione di illecita accumulazione. Limitatamente ai beni acquisiti nel periodo intercorrente tra il 29 maggio 2014 – data della sentenza delle Sezioni Unite “Repaci” – e il 19 novembre 2017 – data di entrata in vigore della legge n. 161 del 2017 – la posizione processuale del condannato era misurata su un assetto normativo consolidato e chiarificatore della base legale della confisca, del suo significato, del suo ambito operativo, del contraddittorio e del diritto di difesa.