A cura di Rossella Ceccarini
CONSIGLIO DI STATO, Sezione Terza, sentenza n. 2260 del 29.02.2024 depositata l’08.03.2024
Con la sentenza n. 2260 depositata l’8 marzo 2024, la Sezione Terza del Consiglio di Stato, in tema di aggiornamento dell’informativa antimafia, ha stabilito che deve escludersi che, nell’attuale sistema normativo, l’obbligo di concludere i procedimenti amministrativi positivizzato dall’art. 2, comma 1, l. n. 241/1990 («[o]ve il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso), fondamentale in un sistema amministrativo moderno retto dai criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza, oltre che ispirato al rispetto dei principi di collaborazione e buona fede reciproca tra amministrazione e cittadini, possa ritenersi sganciato dall’altrettanto fondamentale predeterminazione in via legale o regolamentare del relativo termine finale, come reso palese, del resto, dal tenore dell’art. 2, comma 2, della medesima legge, in forza del quale, «[n]ei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni».
Il caso sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato riguarda un ricorso in appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la sentenza con cui il T.A.R. Campania aveva accolto il ricorso di (…) volto all’accertamento del silenzio-inadempimento dell’Amministrazione sulla sua istanza di aggiornamento dell’informativa antimafia in precedenza adottata nei suoi confronti ed alla conseguente condanna dell’Amministrazione a provvedere. Il T.A.R. aveva ritenuto sussistente sia l’obbligo di provvedere, in forza dell’art. 91, comma 5, ultimo periodo, d.lgs. n. 159/2011, sia il termine generale supplettivo di trenta giorni di cui all’art. 2, comma 2, l. 7 agosto 1990, n. 241. Avverso tale decisione ha proposto appello il Ministero dell’Interno. La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha indicato l’esistenza di un termine per provvedere anche per il procedimento susseguente ad un’istanza di aggiornamento dell’informativa antimafia e la conseguente possibilità di fare ricorso all’azione per il silenzio-inadempimento, specificando che la normativa a cui fare riferimento per analogia per la determinazione del termine è l’art. 92, comma 2, cod. antimafia (30 giorni, estensibile di ulteriori quarantacinque giorni, in caso di verifiche di particolare complessità). A fronte dell’innegabile specificità e sensibilità di particolari interessi pubblici e privati coinvolti in alcuni procedimenti amministrativi (quali quelli inerenti all’aggiornamento dell’informativa antimafia) e della complessità della relativa istruttoria, il sistema positivo consente non la pretermissione di un termine di conclusione del procedimento, che finirebbe per porre nel nulla la stessa obbligatorietà del provvedere, ma la sua individuazione, volta per volta, a opera del legislatore in sede di regolamentazione della specifica attività amministrativa di settore, ovvero in via regolamentare con le modalità prefissate dallo stesso art. 2, commi 3, 4 e 5, l. n. 241/1990. Secondo il Consiglio di Stato, è vero che l’art. 91, comma 5, cod. antimafia, nell’occuparsi dell’aggiornamento dell’informativa antimafia, non indica espressamente il termine di conclusione del procedimento, ma ciò non consente affatto di inferirne la sua assenza. Piuttosto, prima di ricorrere al termine residuale di trenta giorni di cui all’art. 2, comma 2, l. n. 241/1990 – stante la comunanza della sottesa ratio di rinvenire un adeguato punto di equilibrio tra i delicati e contrapposti interessi in gioco nella materia in esame – può e deve farsi applicazione, in via analogica, del termine per il procedimento “base” fissato dall’art. 92, comma 2, cod. antimafia in trenta giorni, estensibile di ulteriori quarantacinque giorni, in caso di verifiche «di particolare complessità». Una volta ritenuto applicabile tale termine, deve poi considerarsi che – in seguito all’introduzione del contraddittorio procedimentale nel corpo dell’art. 92, comma 2-bis, del citato codice – il medesimo termine, proprio ai sensi del menzionato comma 2-bis, può restare sospeso fino a sessanta giorni, ove il Prefetto comunichi gli elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa all’impresa, assegnandole venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato che spetta al legislatore valutare la perdurante congruità dei termini procedimentali introdotti in via normativa ed al potere esecutivo, a tanto facoltizzato dalla legge, la necessità o l’opportunità di allungare quei termini con le modalità e nei limiti di cui all’art. 2, commi 3, 4 e 5, l. n. 241/1990, ovvero di adottare le misure organizzative possibili per alleviare il peso degli uffici amministrativi preposti.