a cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Penale, sentenza n. 28009 del 10.04.2024 pubblicata il 12.07.2024
La Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28009 pubblicata il 12 luglio 2024, ha rigettato il ricorso avverso una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia stabilendo che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma 1, l.fall., si configura se ad un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave.
Nella specie, il ricorrente aveva promosso ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello di Brescia lamentando, con un unico motivo, la mancanza e contraddittorietà della motivazione e l’erronea applicazione dell’art. 219 l.fall.
Secondo la Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione, la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di reati fallimentari considera che l’entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni che sono stati sottratti all’esecuzione concorsuale, piuttosto che al pregiudizio sofferto da ciascun partecipante al piano di riparto dell’attivo, e indipendentemente dalla relazione con l’importo globale del passivo (Cass., Sez. V, sentenza n. 49642 del 02/10/2009, Olivieri, Rv. 245822 – 01) e che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, comma 1, l.fall., si configura se ad un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave (Cass., Sez. V, n. 48203 del 10/07/2017, Meluzio e altri, Rv. 271274 – 01; Cass., Sez. I, n. 12087 del 10/10/2000, Di Muni, Rv. 217403 – 01). A parere degli Ermellini, per disattendere la doglianza relativa alla mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 219, comma 1, l.fall., i giudici del rescissorio avevano congruamente argomentato – con motivazione adeguata e non censurabile neppure sotto il profilo, attinente all’accertamento di merito, del valore dissipato – nel senso che l’entità degli immotivati trasferimenti di danaro dalla società poi fallita all’altra società aveva integrato in modo certo il danno di rilevante gravità, perché il complessivo ingiustificato travaso di risorse si era ripercosso in termini di sottrazione all’attivo fallimentare della suindicata società di una cospicua entità finanziaria che aveva concretamente ridotto in modo considerevole l’attivo disponibile per la soddisfazione delle sussistenti ragioni creditorie, per come esse erano emerse nella formazione della massa passiva fallimentare.