a cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 6679 dell’11.07.2024 pubblicata il 24.07.2024

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 6679 pubblicata il 24 luglio 2024, ha ribadito che il potere interdittivo costituisce espressione del livello marcatamente avanzato in cui il legislatore ha inteso collocare lo strumentario preventivo affidato alla Prefettura ai fini del contrasto dell’ingerenza della criminalità organizzata nei settori di attività nei quali, vedendo coinvolta la P.A. quale parte contrattuale o erogatrice di sovvenzioni o comunque di utilità economicamente o socialmente rilevanti, più pressante si fa l’esigenza di impedire che le risorse pubbliche vengano distolte verso finalità illegali o che comunque concorrano a rafforzare le strutture imprenditoriali che agiscono al di fuori dei canoni della trasparenza e della sana concorrenzialità.

Il Consiglio di Stato si è espresso in merito alla richiesta di riforma di una sentenza emessa dal T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sezione Prima, che aveva respinto il ricorso proposto dalla società (…) avverso il provvedimento interdittivo della Prefettura di Modena emesso a seguito di istanza di iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa (c.d. White list).

Come già affermato, di recente, dallo stesso Consiglio di Stato, “l’interdittiva antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l’azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione. Trattandosi quindi di una misura a carattere preventivo, prescinde dall’accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente; essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull’esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell’attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata” (Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2024, n. 2062). Il carattere anticipato della tutela apprestata dalla misura interdittiva si evince agevolmente dalla formula – estremamente ampia se non polisemica – utilizzata dal legislatore ai fini della costruzione dei presupposti della stessa, siccome ancorata all’accertamento della sussistenza di “eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” (art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159/2011). Affinché siffatti “tentativi” siano configurabili, infatti, non occorre la dimostrazione che l’impresa sia in atto piegata al perseguimento di interessi illeciti e facenti capo alle organizzazioni criminali, ma che, per il peculiare contesto in cui la stessa si trova ad operare, essa è oggettivamente esposta al pericolo che le sue scelte strategiche ed operative non siano adottate in vista del legittimo esercizio del diritto di iniziativa economica di cui essa è titolare, ma allo scopo di agevolare i poteri criminali: agevolazione cui quindi, ove non si apprestasse la barriera interdittiva, finirebbe paradossalmente per contribuire la stessa Amministrazione con la quale la medesima impresa dovesse instaurare rapporti, di natura contrattuale e non. A fondamento dell’esercizio del potere preventivo viene quindi posta una tipica fattispecie di pericolo, alla concretizzazione della quale concorrono elementi eterogenei e non tassativamente predeterminati dal legislatore, il cui effettivo significato probatorio può essere colto solo nell’ambito di ciascuna irripetibile situazione indiziaria, quale viene immortalata dalla Prefettura all’esito della raccolta e della filtrazione del materiale istruttorio acquisito all’interno dello specifico procedimento, attraverso una lettura unificante dalla quale sola può emergere lo spessore che di volta in volta assume il rischio di ingerenza della criminalità negli apparati aziendali e nelle scelte che questi devono adottare nell’esercizio dell’attività d’impresa. Criterio fondamentale per la valutazione della legittimità del provvedimento interdittivo è la logicità della decisione amministrativa, cui si affiancano i tradizionali parametri di sindacato del potere discrezionale della P.A., quali l’adeguatezza istruttoria, il contraddittorio, la coerenza e l’esaustività motivazionale, la proporzionalità e la ragionevolezza: canoni la cui violazione dà luogo ai notori vizi dell’eccesso di potere, nelle diverse configurazioni che questo può assumere. Compete quindi al giudice verificare, senza con ciò invadere il campo valutativo riservato alla P.A., se la prognosi indiziaria formulata dalla Prefettura attinga un plausibile livello di verosimiglianza, alla luce di tutte le circostanze esaminate e di un’analisi complessiva dei fenomeni criminali e del modus operandi delle organizzazioni che vi danno vita, la cui conoscenza è essenziale al fine di collocare l’indagine prefettizia ed i relativi esiti entro una cornice aderente alla realtà dei fatti investigati. È tuttavia evidente che, quanto più i singoli tasselli del mosaico indiziario si presentino sfumati o polivalenti nella loro carica sintomatica, tanto più forte deve essere la loro idoneità ad aggregarsi in modo da formare un nucleo logico-probatorio coerente e solido, tale da giustificare l’adozione di una misura così pesantemente incisiva per la libertà imprenditoriale: ciò non senza osservare che, di pari passo all’attenuazione dello spessore indiziario proprio dei singoli elementi del complessivo quadro fattuale, non può che acquistare evidenza ed importanza l’onere dell’Amministrazione di enucleare i rapporti logici instaurabili tra essi, in modo da recuperare nella visione d’insieme dei frammenti indiziari la dispersività insita nella loro lettura isolata.


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