a cura di Rossella Ceccarini
CORTE DI CASSAZIONE, Sezione VI Penale, sentenza n. 34476 del 23.05.2024 depositata il 12.09.2024
La Sezione Sesta della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34476 depositata il 12 settembre 2024, ha stabilito che il giudice, prima di dichiarare inammissibile l’istanza di riesame, deve verificare se l’ente era consapevole, al momento della richiesta, di essere indagato e dunque dell’incompatibilità assoluta del suo legale rappresentante indagato a sua volta per il reato presupposto.
La questione sottoposta alla Suprema Corte di Cassazione riguarda un ricorso avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Trento che aveva ritenuto inammissibile una richiesta di riesame presentata dalla società (…) s.r.l. avverso un’ordinanza con cui era stato disposto nei confronti dell’ente il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di alcuni beni in relazione all’illecito di cui all’art. 24 d.lgs. n. 231/2001 (il reato presupposto per cui si procedeva era quello previsto dall’art. 316-bis c.p. contestato al legale rappresentante). Proponeva ricorso per cassazione la (…) s.r.l. deducendo l’erronea applicazione dell’art. 39 d.lgs. n. 231/2001 in quanto l’ordinanza sarebbe stata viziata per avere il Tribunale ritenuto applicabile il divieto di rappresentanza dell’ente da parte del legale rappresentato indagato per il reato presupposto anche in un caso, come quello in esame, in cui l’ente non risulti iscritto nel registro degli indagati per l’illecito amministrativo o non abbia avuto notizia di tale iscrizione. La richiamata incompatibilità sarebbe configurabile, secondo le deduzioni della ricorrente, solo quando l’ente sia a conoscenza della propria veste di indagato.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso annullando con rinvio l’ordinanza impugnata richiamando la giurisprudenza della medesima Sezione che, con sentenza n. 41398 del 19 giugno 2009, aveva già chiarito come la disposizione di cui all’art. 39 d.lgs. n. 231/2001 vieti esplicitamente al rappresentante legale, che sia indagato/imputato del reato presupposto, di rappresentare l’ente. Il divieto, che non ammette deroghe, ha la funzione di assicurare la piena garanzia del diritto di difesa al soggetto collettivo che risulterebbe compromesso se l’ente partecipasse al procedimento attraverso un soggetto portatore di interessi confliggenti dal punto di vista sostanziale e processuale. Tali argomentazioni sono state ribadite e sviluppate ulteriormente dalle Sezioni Unite che, con specifico riguardo al tema del riesame proposto – senza costituzione in giudizio – da difensore nominato dal legale rappresentante, hanno precisato che è ammissibile la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell’ente secondo il disposto dell’art. 96 c.p.p., ed in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell’art. 39 d.lgs. n. 231/2001, sempre che, precedentemente o contestualmente all’esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l’informazione di garanzia prevista dall’art. 57 del medesimo d.lgs. (Sez. U., n. 33041 del 28.05.2015, Gabrielloni, Rv 264309).