a cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III Penale, sentenza n. 38890 del 09.10.2024 pubblicata il 23.10.2024

La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38890 depositata il 23 ottobre 2024, ha chiarito che la partecipazione attiva dell’ente al procedimento che lo riguarda è subordinata alla sua previa costituzione, formalità individuata dall’art. 39 d.lgs. n. 231/2001 quale mezzo di esternazione della volontà diverso e più articolato di quello dell’imputato persona fisica, in quanto “corrispondente alla struttura complessa di tale figura soggettiva ed idoneo a rendere quanto prima ostensibile l’eventuale conflitto di interessi derivante dall’essere il legale rappresentante indagato o imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo (cfr. anche Cass. pen., Sez. U., 28 maggio 2015, n. 33041).

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguarda un ricorso avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Salerno che aveva dichiarato inammissibile il riesame proposto dalla (…) s.r.l. avverso un provvedimento di sequestro preventivo disposto dal G.I.P. del Tribunale di Nocera Inferiore.

Con la sentenza n. 38890 gli Ermellini hanno precisato che l’onere di formale costituzione ai sensi dell’art. 39 d.lgs. n. 231/2001, previsto come condizione per la partecipazione attiva dell’ente al procedimento che lo riguarda, opera sin dalla fase delle indagini preliminari. Di tale costituzione non si rinviene traccia nel caso oggetto d’esame e questo elemento, per la Corte, è già di per sé sufficiente per una pronuncia di inammissibilità per difetto di (prova della) legittimazione processuale. Inoltre, sulla scorta di quanto chiarito dalle Sezioni Unite, la Corte ha sottolineato che il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di un’evidente condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. n. 231/2001. Numerose sentenze (ex multis Cass. pen., Sez. III, 17 ottobre 2019, n. 10440) hanno ribadito che il richiamato art. 39, comma 1, prevede l’incompatibilità del legale rappresentante dell’ente a rappresentarlo nel procedimento a suo carico qualora egli sia contestualmente anche imputato per il reato presupposto della responsabilità addebitata alla persona giuridica. Inoltre, la Corte ha affermato che, quando il legale rappresentante della società imputata di un illecito ex lege 231 è a sua volta indagato o imputato del reato presupposto, “l’esistenza del ‘conflitto’ è presunta iuris et de iure e la sua sussistenza non deve essere accertata in concreto, con l’ulteriore conseguenza che il divieto scatta in presenza della situazione contemplata dalla norma, cioè quando il rappresentante legale risulta essere imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo, sicché il giudice deve solo accertare che ricorra tale presupposto” (cfr. anche Cass. pen., Sez. II, 21 gennaio 2024, n. 13003). Conseguentemente, “il giudice investito dell’atto propulsivo della difesa così officiata non potrebbe esimersi dal sindacare tale condizione sotto il profilo della ammissibilità dell’atto”. L’inosservanza del divieto di cui all’art. 39 d.lgs. n. 231/2001, pertanto, produce necessariamente conseguenze sul piano processuale, in quanto tutte le attività svolte dal rappresentante ‘incompatibile’ all’interno del procedimento penale che riguarda l’ente devono essere considerate inefficaci. La Suprema Corte ha, infine, precisato che il modello organizzativo dell’ente deve prevedere regole cautelari per le possibili situazioni di conflitto di interesse del legale rappresentante indagato per il reato presupposto, valevoli a munire l’ente di un difensore, nominato da soggetto specificamente delegato, che tuteli i suoi interessi, elemento del pari non fornito dal ricorrente nel caso oggetto d’esame (cfr. anche Cass. pen., Sez. III, 13 maggio 2022, n. 35387).


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D.LGS. N.231/2001: PROCEDIMENTO PENALE E PARTECIPAZIONE ATTIVA DELL’ENTE
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