a cura di Rossella Ceccarini

CONSIGLIO DI STATO, Sezione III, sentenza n. 1610 del 13.02.2025 depositata il 25.02.2025

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1610 depositata il 25 febbraio 2025, ha accolto in parte l’appello proposto avverso la sentenza del TAR per la Liguria che aveva respinto la richiesta di annullamento del provvedimento interdittivo emesso dal Prefetto della Provincia di Genova, affrontando la questione dei presupposti per il legittimo esercizio del potere interdittivo, con particolare riguardo all’ipotesi in cui il pericolo di condizionamento mafioso dell’attività d’impresa sia desunto dai rapporti di frequentazione di coloro che, nell’ambito della stessa, esercitano un potere direttivo, e comunque suscettibile di influenzarne le strategie operative, con personaggi di cui sia stata accertata, o comunque sia ritenuta plausibile, l’appartenenza ad un’associazione criminale di matrice mafiosa ovvero la condivisione degli scopi e delle metodologie di azione che caratterizzano tale tipologia di sodalizi criminosi.

È noto che la giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 5 febbraio 2024, n. 1142), nello sforzo di tipizzazione delle situazioni sintomatiche del pericolo di condizionamento da essa posto in essere (ed al quale lo stesso Giudice delle leggi, con la sentenza 29 gennaio 2020, n. 57, ha riconosciuto la funzione di concorrere alla ricostruzione di un sistema di “tassatività sostanziale” atto a compensare il vulnus al principio di legalità potenzialmente insito nell’ampiezza della formula legislativa descrittiva dei presupposti del provvedimento interdittivo), ha da tempo assegnato valenza indiziaria ai “rapporti di parentela”, alle “frequentazioni”, alle “cointeressenze”, alle “vicende anomale dell’impresa”, alle “intestazioni fittizie di società”, al “ricorso alle c.d. teste di legno”, allo “scambio di mezzi e di personale”, agli “intrecci societari in ambito familiare”, ecc. Trattasi, evidentemente, di un’indicazione di carattere meramente esemplificativo, sia perché aperta al divenire del fenomeno mafioso ed all’affinamento delle tecniche investigative destinate a sottrarlo al cono d’ombra nel quale abitualmente (ed opportunisticamente) si muove e sviluppa, sia perché la concreta rilevanza indiziaria che le suddette situazioni sono suscettibili di assumere non è definibile una tantum, al pari della fissazione della soglia di pregnanza sintomatica oltrepassata la quale si transita dal mero “sospetto” di contiguità criminale alla ragionevole affermazione della sussistenza del pericolo di condizionamento, ma nel quadro di un’analisi completa ed approfondita del compendio indiziario venutosi di volta in volta a delineare all’esito delle indagini e delle verifiche prefettizie. Se, infatti, le suddette situazioni sintomatiche forniscono i “bruti” dati di fatto, sempre cangianti nel loro concreto atteggiarsi e raggruppabili solo per categorie astratte (ma proprio per questo scarsamente significative sul piano concretamente operativo), dai quali è estrapolabile il pericolo di condizionamento, la chiave di lettura che consente di apprezzarne la reale valenza indiziaria è data dal principio, anch’esso di conio giurisprudenziale, del “più probabile che non” ovvero da quello, che ne rappresenta la più matura evoluzione sul piano pretorio, della c.d. “probabilità cruciale”, secondo cui il provvedimento di prevenzione può (recte, deve) essere adottato quando l’ipotesi dell’infiltrazione mafiosa debba ritenersi più probabile rispetto a “tutte le altre ipotesi messe insieme”, quando cioè essa presenti una soglia di significatività tale da essere superiore a qualunque altra spiegazione logica (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 26 settembre 2017, n. 4483), a condizione che la valutazione degli elementi sintomatici non sia effettuata in modo atomistico e meccanico, ma complessivo e ragionato, in quanto, se un solo elemento singolarmente considerato potrebbe non rivelarsi particolarmente significativo, a diversa conclusione può pervenirsi una volta che esso venga posto in dialettica correlazione con tutti gli altri elementi potenzialmente rilevanti. Il Consiglio di Stato ha, inoltre, osservato che la valutazione dei relativi presupposti va condotta al di fuori di una prospettiva di tipo rigorosamente causale e deterministico, in cui i tentativi di condizionamento rappresentino la prevedibile (o altamente probabile) conseguenza logica di dati presupposti di fatto, emersi dall’istruttoria prefettizia, per intrecciarsi con valutazioni di ordine soggettivo e latamente fiduciario (o, se si preferisce, discrezionale), tenuto conto che l’effetto diretto e principale dell’informazione interdittiva è rappresentato dalla preclusione per l’impresa interdetta di interfacciarsi con la P.A. (e di ottenere i vantaggi che derivano dall’instaurazione di rapporti con la stessa): ciò che la giurisprudenza amministrativa ha inteso esprimere allorquando ha affermato che “l’adozione dell’interdittiva antimafia esclude che un imprenditore, pur essendo dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni, non potendo conseguentemente essere titolare di rapporti contrattuali con le predette Amministrazioni, né destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, né ancora essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 26 giugno 2019, n. 4401). Ciò non implica l’attenuazione del controllo che il giudice amministrativo deve esercitare in ordine al legittimo esercizio del potere interdittivo, ma la consapevolezza che il suo sindacato – tradizionalmente teso a rilevare possibili vizi di eccesso di potere nel provvedimento impugnato – non è destinato a muoversi “in una dimensione di carattere probatorio ‘puro’”, essendo la stessa inevitabilmente influenzata dall’apprezzamento prefettizio del grado di fiducia che un imprenditore, nei cui confronti siano emersi collegamenti con la criminalità organizzata, è idoneo a generare nelle amministrazioni con le quali può, in atto o potenzialmente, entrare in contatto.


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PRESUPPOSTI PER IL LEGGITTIMO ESERCIZIO DEL POTERE INTERDITTIVO

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