a cura di Rossella Ceccarini

CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Penale, sentenza n. 7530 del 30.01.2025 pubblicata il 25.02.2025

La Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7530 depositata il 25 febbraio 2025, intervenendo in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ha affermato che è configurabile un “gruppo di imprese” – rilevante ai fini dell’ipotizzabilità di eventuali “vantaggi compensativi” – anche tra enti che abbiano differente natura giuridica (società ed associazioni senza fini di lucro), purché tra loro si instauri un rapporto di direzione nonché di coordinamento e controllo delle rispettive attività facente capo al soggetto giuridico controllante (v. anche Cass. pen., Sez. V, 6 marzo 2018, n. 31997).

La questione trae origine da un ricorso avverso una sentenza della Corte d’Appello di Ancona che, decidendo quale giudice di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di assoluzione di (…) emessa dal Tribunale di Urbino, in riforma di detta sentenza condannava (…) per il delitto di cui all’art. 216, comma 1, n. 1, r.d. n. 267/1942. Avverso tale decisione proponeva ricorso l’imputato attraverso quattro motivi di doglianza.

La Suprema Corte ha evidenziato come l’accertamento dell’esistenza di un gruppo di imprese necessita della prova di un’attività di direzione da parte dell’ente indicato come controllante, nonché di un centro unico di coordinamento delle attività e di un piano di azione imprenditoriale comune con le società ad esso collegate. La Suprema Corte ha chiarito cosa sia necessario per rendere penalmente irrilevanti le operazioni infragruppo e cioè l’esistenza di vantaggi compensativi che annullino gli svantaggi derivanti dal depauperamento di una società in favore delle altre. Le numerose pronunce di legittimità in materia hanno statuito che non integrano il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale i pagamenti tra società infragruppo riconducibili all’operatività del contratto di “cash pooling”, purché i consigli di amministrazione delle società interessate abbiano deliberato il contenuto dell’accordo, definendone l’oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili (tra le tante, Cass. pen., Sez. V, 23 giugno 2023, n. 39139). I vantaggi compensativi, conseguiti o fondatamente prevedibili, di cui all’art. 2634, comma 3, c.c., idonei ad escludere la natura distrattiva di un’operazione infra-gruppo, devono presentare i requisiti di certezza, congruità e proporzionalità ed essere di valore almeno equivalente al sacrificio economico inizialmente sopportato dalla società fallita (Cass. pen., Sez. V, 22 ottobre 2024, n. 42570). I vantaggi compensativi debbono, poi, riequilibrare gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzare gli svantaggi per i creditori sociali (Cass. pen., Sez. I, 1° dicembre 2022, n. 18333: in motivazione la Corte ha precisato che la prevedibilità del vantaggio deve essere verificabile attraverso idonea ed attendibile documentazione della “holding” e della società eterodiretta quale, a titolo esemplificativo, il “business plan”, i progetti industriali, le relazioni sulla gestione degli amministratori, i verbali del consiglio di amministrazione, la corrispondenza, i contratti e le altre evidenze contabili). Per escludere la natura distrattiva di un’operazione infragruppo, invocando il maturarsi di vantaggi compensativi, non è sufficiente allegare la mera partecipazione al gruppo, ovvero l’esistenza di un vantaggio per la società controllante, dovendo invece l’interessato dimostrare il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell’interesse del gruppo, elemento indispensabile per considerare lecita l’operazione temporaneamente svantaggiosa per la società depauperata (Cass. pen., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 8253). È quindi necessario dimostrare che, a fronte del depauperamento di una società, vi sia stato un vantaggio che riverbera in favore degli interessi complessivi del gruppo societario cui appartiene la società depauperata (Cass. pen., Sez. V, 6 ottobre 2011, n. 48518).


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