a cura di Roberto De Luca
Il tema del controllo interno nei gruppi e nelle imprese di diritto privato è spesso tralasciato oppure affrontato in modo semplicistico ed al ribasso (di costo) laddove non vi sia una norma di legge – ad esempio per le società quotate – che prescriva determinate regole di governance.
Nel caso di imprese in amministrazione giudiziaria il tema assume oggettiva rilevanza perchè, da un lato, il sistema di controllo interno può prevenire e contrastare la commissione di reati ed atti di “mala gestio” all’interno di imprese già “infettate” dal virus dell’illegalità, dall’altro, in quanto “apparato” che può supportare convenientemente l’azione dell’Amministratore Giudiziario.
In questo articolo si concentrerà l’attenzione sull’amministrazione giudiziaria a seguito di sequestro ex art. 20 del D.Lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia) dell’intero capitale sociale (o della sua maggioranza assoluta) e del compendio aziendale di imprese, il caso, dunque, più “semplice e diretto” di assunzione del controllo societario per “mano” giudiziaria; i casi di sequestro ex art. 12 sexies e di amministrazione giudiziaria ex art. 34 del D.Lgs. n. 159/2011 per infiltrazione criminale mafiosa, che presentano genesi, esigenze e sviluppi diversi, verranno trattati in successivi articoli.
Così come verrà trattato a parte il tema delle imprese confiscate, affidate per legge alla competenza dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), sebbene i principi qui enunciati possano, a buon diritto, valere anche per loro.
Parto dalla semplice considerazione che:
1. l’incarico conferito all’Amministratore Giudiziario:
a. si inserisce in contesti ambientali talmente difficili ed articolati che, pur con tutta l’energia, la capacità e la volontà profuse, la gestione può “sfuggire di mano” anche solo per limiti di controllo laddove, ad esempio, non sia possibile accorgersi di un dipendente infedele o di infiltrazioni più strutturate e celate;
b. può deviare in corsa dando luogo ad una gestione “opaca”, segnata da malversazioni,
devianze ed interessi privatistici;
2. il Giudice Delegato, nel corso della procedura, potrebbe non essere messo nelle condizioni di acquisire alcune informazioni, comprendere tempestivamente devianze e patologie ed intervenire con velocità e determinazione.
Se un incarico conferito con criteri di trasparenza ed imparzialità è requisito necessario, cosa si deve fare se esso potrebbe rivelarsi non sufficiente?
Un contributo decisivo alla risoluzione della problematica potrebbe essere rappresentato dal combinato disposto rappresentato da
1) modalità più articolate di interlocuzione con l’Autorità Giudiziaria e
2) controlli indipendenti e stabili nelle imprese in amministrazione giudiziaria.
Il difficile contesto ambientale, culturale ed operativo nel quale si trova ad operare l’Amministratore Giudiziario dovrebbe suggerire, del resto, l’utilizzo proattivo di “apparati” indipendenti preposti al controllo. L’Amministratore Giudiziario opera, peraltro, in una sorta di “ossimoro obbligato”:
quando l’impresa è meritoria di rimanere sul mercato, deve assicurare, da un lato, la netta cesura rispetto alla gestione precedente e, dall’altro, la continuità operativa attraverso decisioni rapide ed interventi incisivi di ripristino della legalità. Questa operazione di discontinuità nella continuità può essere facilitata dall’attivazione di efficaci presidi di controllo preventivo assicurati da opportune funzioni indipendenti. Le imprese, inoltre, quando sottoposte alla “condizione restrittiva” del sequestro, attraversano profonde crisi e corrono spesso il rischio di fallire. Contare sul supporto di queste funzioni indipendenti di controllo è molto utile e diventa una vera e propria garanzia per l’azione dell’amministrazione giudiziaria.
Gestire l’impresa “per conto di chi spetta” in modo efficiente, trasparente, efficace e rispettoso delle leggi è la missione dell’Amministratore Giudiziario. Missione difficile, come già detto, che deve fare i conti con le difficoltà ambientali, economico-finanziarie ed operative in cui opera l’impresa. Missione delicata poiché occorre intervenire, da un lato, senza “ingessare” l’operatività aziendale e “pregiudicare” i posti di lavoro e l’indotto economico, e dall’altro, senza “personalizzare” la gestione.
Missione gravosa da onorare con il massimo dell’impegno e della responsabilità poiché l’obiettivo finale è il mantenimento in vita di quell’impresa, la tutela del territorio e la restituzione alla legalità di un “pezzettino” del nostro Paese.
Autorizzare gli atti dell’Amministratore Giudiziario e valutare costantemente il suo operato e l’andamento della misura di prevenzione sono, tra gli altri, i compiti del Giudice Delegato. Compiti anch’essi delicati e difficili considerando che il Giudice Delegato “vive” la misura per il tramite delle interlocuzioni con l’Amministratore Giudiziario, le sue istanze, le sue relazioni.
In questo articolato contesto, occorre aggiungere che il tema dei beni sequestrati (e confiscati) ha assunto un elevato livello di attenzione mediatica che lo ha fatto uscire da quel cono d’ombra degli anni ’80 e ’90: esiste oramai diffusa consapevolezza dell’alto significato simbolico ed economico di questi patrimoni e della loro centralità nell’opera di contrasto dello Stato alle organizzazioni criminali ed alle mafie. Alcune recenti scandali sulla gestione di patrimoni sottoposti alle misure di prevenzione hanno reso poi davvero attuale il tema di cui si tratta.
La gestione delle imprese in amministrazione giudiziaria potrebbe beneficiare dell’applicazione di alcune misure previste nel nostro ordinamento giuridico, in particolare, la legge n. 190/2012, i suoi decreti attuativi n. 33 e n. 39 del 2013 e le circolari ANAC combinata con il d.lgs. n. 231/01 sulla responsabilità amministrativa delle Società e degli Enti.
La proposta per queste imprese, sottoposte di fatto e di diritto al controllo (anche solo temporaneo) dello Stato, è dotarle di governace più articolate e sistemi di controllo più efficaci e penetranti utilizzando – in forme e modalità acconce – input della normativa anticorruzione e trasparenza integrati con l’applicazione del decreto legislativo n. 231/01. E’ come se considerassimo l’impresa in amministrazione giudiziaria alla stregua di una società in controllo pubblico 1, sia perchè portatrice di un nuovo e preminente interesse pubblico derivante dal provedimento di prevenzione sia perchè guidata da un Amministratore Giudiziario, pubblico ufficiale per espressa volontà del Codice Antimafia.
Ciò al fine di creare sistemi di governance più articolati con opportune separazioni di poteri, equilibrati pesi e contrappesi, ben definite regole di governo e di funzionamento e limiti all’autoreferenzialità e di prevenire e contrastare patologie e devianze, particolarmente gravi trattandosi di imprese sequestrate alla criminalità organizzata.
Più nel dettaglio, integrare i principi di sana gestione con il controllo di Organi ed Organismi di controllo e vigilanza indipendenti, con alcune misure anticorruzione – a titolo esemplificativo il revolving door, il whistleblowing, la rotazione degli incarichi esposti al rischio di corruzione, l’astensione in caso di conflitto di interessi, l’incompatibilità ed inconferibilità degli incarichi – e con i principi di fondo del d.lgs. n. 231/01. Le misure dovrebbero essere progressive con soglie dimensionali tali da risultare applicabili e sostenibili in tutte le imprese colpite dalla misura cautelare.
Tra le misure proposte:
a. Nel caso di nomina di un Amministratore Unico, obbligo di dotarsi di una funzione (Internal Audit) oppure di un Organo/Organismo (Collegio Sindacale o Organismo di Vigilanza) di controllo indipendente.
b. Nel caso di Consiglio di Amministrazione, nomina di un Consigliere di Amministrazione da parte del Giudice Delegato (o Collegio).
c. Nomina di un Sindaco e di un componente dell’OdV da parte del Giudice Delegato (o Collegio). Nel caso di Sindaco unico e di OdV monocratico, nomina da parte del Giudice Delegato (o Collegio).
d. Obbligo per i nominati di rilasciare con l’accettazione dell’incarico l’autodichiarazione di onorabilità e di assenza di conflitto di interessi.
e. Obbligo di applicazione del d.lgs. 231/01 o, quantomeno, di un Codice Etico e Comportamentale.
f. Obbligo di inviare al Giudice Delegato le relazioni ed i rilievi del Collegio Sindacale, dell’Organismo di Vigilanza e del Revisore Legale e di prevedere, almeno una volta l’anno, un incontro collegiale con il Giudice Delegato.
g. Obbligo di pubblicare dati ed informazioni dell’amministrazione giudiziaria dell’impresa in una sezione “Amministrazione Giudiziaria trasparente” del sito aziendale. In caso di continuità aziendale, obbligo di sua realizzazione e di pubblicazione delle informazioni.
La governance “tradizionale” di un’impresa privata lascerebbe, quindi, il posto ad una governance “speciale” di rilievo pubblico, motivata dalla straordinarietà della misura e dagli interessi pubblici di cui è portatore il nuovo vertice aziendale che amministra l’impresa sottoposta al sequestro.
Alcune proposte sono applicabili in tutte le imprese, altre opportunamente modulate sono applicabili anche in quelle più piccole. Tutte, comunque, nel segno di principi di sana ed efficace gestione che devono ispirare l’azione dell’amministrazione giudiziaria che gestisce l’impresa in nome della legalità e della trasparenza.
Se quanto proposto risulta di interesse, il ritardo del legislatore sulla riforma del Codice Antimafia potrebbe essere un’occasione di riflessione e di intervento su questa nuova frontiera del controllo delle imprese in amministrazione giudiziaria.
Al di là della singola proposta, preme enfatizzare la finalità: migliorare la gestione delle imprese e creare meccanismi virtuosi atti a prevenire e contrastare qualsiasi patologia o distorsione che abbia conseguenze gravose per la procedura e l’azione di contrasto alle mafie.
Rimane integra, nel contesto evolutivo tratteggiato, la responsabilità gestionale dell’Amministratore Giudiziario ed il potere autorizzativo e di controllo del Giudice Delegato. La necessità di una governance “speciale” è auspicata non solo per la rilevante valenza pubblica della misura ma soprattutto affinchè l’impresa, nelle sue diverse articolazioni e responsabilità, e lo stesso Amministratore Giudiziario siano sottoposti al vaglio costante di Organi ed Organismi indipendenti preposti al controllo. Quest’ultimo aspetto è la “chiave di volta” per legittimare l’operato dell’Amministratore Giudiziario. Ed è questa sua legittimazione che rinsalda il rapporto fiduciario con il Giudice Delegato, promuovendo circuiti virtuosi ed efficaci meccanismi deterrenti.
Tanto altro si potrebbe aggiungere ma per adesso mi fermo qui.
All’Associazione Advisora un grande “in bocca al lupo” per il suo futuro.
Ai colleghi Fondatori di Advisora ed a tutti coloro che vorranno aderire all’iniziativa un sincero augurio per le loro professioni e la loro vita.
[Note]
- Con l’emanazione della Legge n. 190/2012 e ss.mm.ii e dei decreti attuativi n. 33/2013 e n. 39/2013, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato il Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), successivamente approvato ed aggiornato nel 2015 e nel 2016 dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC), con il quale è prevista la predisposizione di Piani di Prevenzione della Corruzione e di Trasparenza (PPCT) da parte di ciascuna amministrazione pubblica. Le indicazioni del Dipartimento della Funzione Pubblica e le successive circolari di ANAC evidenziano che la normativa anticorruzione, per le società di proprietà interamente o prevalentemente pubblica che abbiano già applicato il d.lgs. n. 231/01, possa “fare perno” sul Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo e sul Codice Etico in vigore, ossia integrarsi convenientemente ai protocolli di controllo e le misure previste per prevenire la commissione dei reati presupposto della responsabilità amministrativa delle Società e degli Enti.